Il tema di Pierino

Era un gran frastuono di getti d’acqua e schiuma, pompe idrauliche e motori roboanti.
– Stacca l’acqua. – urlò quello alto con l’ascia dal manico rosso in mano, mentre gesticolava con il braccio libero la stessa identica cosa. Un movimento dall’alto verso il basso e poi una rotazione di dita e polso ad un rubinetto inesistente.
L’altro, un po’ più basso e largo, non sentì l’urlo nel modo più assoluto ma comprese perfettamente l’insieme di gesti.
Le bande rifrangenti della sua tuta rosso-amaranto da vigile del fuoco riflettevano, per istanti, i raggi inclinati del sole negli occhi del primo uomo quando, muovendosi nello stretto spazio di un metro quadrato, le angolazioni venivano a corrispondere. Deposta a terra la manica in tela collegata all’autobotte, in pochi secondi raggiunse il suo collega nonché comandante che nel frattempo si era lentamente avviato verso le macerie ancora fumanti del plesso scolastico, nella parte destra dell’edificio.
– Ehi capo, hai qualche idea di come sia successo? –
– Doloso. Non so come quando e perché, ma certamente è doloso. – Continuò a muoversi guardando con attenzione generale in cerca del particolare stonato che gli fornisse un appiglio per approfondire poi l’indagine. Visto da fuori, il suo modo di comportarsi in pratica pareva un osservare a destra e a manca con quasi totale noncuranza. Con la lama dell’ascia scostava detriti e smuoveva polveri. Si fermò a raccogliere un pezzo di legno non completamente carbonizzato, lo guardò un attimo alzandolo a livello occhi e lo rigettò dov’era.
– Da cosa hai dedotto che è doloso? – lo incalzò il suo collega, mentre gli era ormai a ridosso e con un fazzoletto rosso sbiaditissimo si asciugava la faccia sudata. – Ehi capo? – ripeté – Da cosa? –
Questi si girò su se stesso senza distogliersi dall’avanzare e per un momento lo guardò fisso negli occhi – me lo ha detto la Polizia. – si voltò di nuovo e proseguì lentamente.
– Ah! –
– Hanno ricevuto una telefonata un po’ strana, sembra da una maestra della scuola. Particolarmente strana. Non mi ricordo il nome della donna anche se me l’hanno riferito, forse finiva per ‘etta’, o ‘ella’, non importa comunque, ma diceva che il fuoco purificatore rimaneva l’unica speranza. Fuoco purificatore… e ha specificato il posto. Questo. Piangeva. Pare che abbia pianto e singhiozzato per tutta la telefonata. Da questo parrebbe chiaro che è sicuramente doloso. A meno di sorprese…- finì con le ultime parole dopo aver lasciato un attimo di pausa a termine discorso.
– Ehi capo, ma gli psicotici una volta li rinchiudevano, e adesso? Li mandano a insegnare nelle scuole? –
– Chissà… –
– Ha combinato un bel disastro. Ma è una scuola o una discarica? Senti che puzza… –
Avanzando, avevano camminato attorno alla scuola compiendo un giro in senso antiorario, portandosi sul retro. In alcuni punti il muro dell’edificio era crollato, distante in ogni caso dalle strutture angolari portanti. Per il resto era annerito a più tonalità in scalare, con l’intonaco in parte solo cotto, in parte anche screpolato.
– Il fuoco ha attecchito da fuori, entrando poi in quell’aula. – indicò la direzione al suo subalterno puntando con l’ascia e a braccio teso – Per caso o per intenzione, più o meno dev’essere stato così. Anche lì vicino alla rete è partito qualcosa. Si vede dalla terra più scura e dalla forma circolare. –
Si avvicinarono entrambi, continuando a scrutare in cerca di particolari come d’abitudine.
– Non è qui che ci hanno chiamato la settimana scorsa? Giovedì… forse venerdì. Giovedì. Non c’ero io ma me l’ha detto Accardo. Non capita spesso di venire allertati perché un pezzo di meteorite cade nel cortile di una scuola, almeno non dalle nostre parti. –
– Si, il posto è questo. È l’unica scuola del paese percui è qui che è caduto il meteorite, anche se non ne hanno rilevato traccia. Ho letto il rapporto, e a parte un bel buco profondo non hanno trovato niente. –
– Sembra che abbia fatto un bel botto però, quando è caduto. Anche se era un pezzetto piccolo, se beccava la scuola o una casa mi sa che… –
– Guarda! – lo interruppe – Mi sa che il buco del meteorite era quello lì. – gli indicò un tratto di terreno vicino alla rete di confine. Dall’altra parte c’era una bella villetta a due piani, discoste una quindicina di metri più addietro. – Hanno riempito il buco nel terreno con carta e cartacce varie e poi l’hanno incendiata. – scostò, sempre usando l’ascia, una montagnola di residui bruciati. – Guarda qui. Plastica fusa… – rovistò più a fondo – mi sa che erano bidoni di benzina, o kerosene più probabilmente. È questa la puzza che senti, plastica e kerosene. –
– Ehi capo, ma non ti da fastidio ‘sta puzza? Ci sei sopra con il naso… –
Non rispose. Era già all’opera, concentrato nella sua ricerca di risposte.
Scavando nel cumulo si riconoscevano resti di quaderni, disegni, fogli fotocopiati, una carta geografica dell’Europa e libri, anche tomi piuttosto consistenti. Questi ultimi, roba vecchia, ingiallita, secca e polverosa, erano quasi tutti completamente andati e solo in alcuni restava un po’ di rilegatura con qualche frammento di pagine attaccate, dai bordi frastagliati e anneriti. Il minimo per stabilire cos’erano stati.
Rigirò ancora un po’ la lama provocando uno svolazzare di polveri grigie, andando a disturbare foglioline stratificate di cenere che si riposavano lì vicino, queste ancora compatte e troppo pesanti per aver pretese di volarsene via. Qualcosa di lucido scattò fuori.
Era la copertina quasi intatta di un quaderno, così colorata di tinte accese che in mezzo a quel grigio e nero dava l’idea di un qualcosa di fuori posto se non addirittura alieno. D’istinto lo raccolse. Lo osservò un momento. Lo girò, con la delicatezza con la quale si tratta una reliquia o una cosa preziosa e lo capovolse sentendo polverizzarsi qualcosa tra le dita. Era il retro della copertina che si sbriciolava assieme alle ultime pagine che non erano riuscite a salvarsi dalle fiamme, per il resto il quaderno era intero, solamente un po’ oscurato ai bordi e strinato agli angoli.
– Cos’hai trovato? Qualcosa di interessante? – la voce del suo collega giunse tagliente come una coltellata, squarciando quel lieve velo d’isolamento dal mondo reale creato dalla distrazione.
– Eh?!?… E’ solo un quaderno, niente di strano. Tu vai avanti, io arrivo subito. – riguardò quello che aveva tra le mani e il velo a dividerlo dal mondo era già riformato.
Il fatto che spesso e volentieri, anche in mezzo ai resti del più fetente e schifoso degli incendi, c’è sempre un oggetto o più di uno, che rimangono indenni o quasi nonostante siano composti dei materiali maggiormente infiammabili esistenti, rimaneva un fatto e basta. Era normale perché rimaneva o rimanevano occultati e protetti sotto strati di altra roba e il fuoco, per quanto bastardo, non attecchiva sempre e completamente dappertutto.
Quello che lo lasciava un po’, diciamo perplesso, ma che non è il termine adatto ma quello meno discoste il relativo stato d’animo, era un altro fatto; più che altro il criterio di scelta del fato sul tipo di oggetto da salvare.
La teoria, qualunque teoria possa esserci a proposito, diceva ‘casuale’. Cos’altro poteva dire. La pratica invece gli diceva tutt’altro. Ti veniva da dire ‘toh! Che strana combinazione’, e questa cosa capitava molto ma molto spesso. Forse troppo spesso. Il ‘toh! Che strana combinazione’ in passato gli aveva dato parecchio da pensare. E stavolta?
Voltò incuriosito la pagina di copertina, passando da una vista di rosso striato di giallo e arancio alla pagina interna bianca e lucida, alla prima pagina opaca e a righe. “Bimbatti Pierino, classe quarta, sezione A. Scuola Elementare ‘A. Turri’, STIENTA (Rovigo)”.
Iniziò a sfogliare… un’altra pagina opaca e a righe. 10 marzo. Tema: “Si avvicina la Festa del Papà”…
Continua a sfogliare… 27 marzo. Tema: “E’ quasi Pasqua”… / 16 aprile. Tema: “La Cresima”… / 25 aprile. Tema: “Che giorno è? A cosa ti fa pensare?”… / 5 maggio. Tema:
– Era ieri! – Aprì bene il quaderno e percepì un sommesso scricchiolìo tra le sue mani…
5 maggio. Tema: “A casa mia”.
“Casa mia è vicina alla scuola.
E’ così vicina che quando non piove posso andare dietro casa mia, scavalcare la rete della recinzione e sono dentro il parco della scuola, però dietro la scuola.
Fino a giovedì della settimana passata, quando un meteorite ha fatto una buca rompendo anche la rete.
La maestra dice che il meteorite era un sassolino piccolo piccolo che però è arrivato dal cielo così veloce che ha scavato una buca profonda 3 metri e larga 4.
Io non ho sentito niente quando è successo, la mamma e il papà invece si ma credevano un aeroplano e alla mattina il buco era li.
Adesso non posso più scavalcare, non si può.
Tutti dicono che è pericoloso, la maestra, la mamma e il papà.
Papà ha detto che se lo faccio mi riempie di sberle e se lui lo dice poi lo fa davvero, che non devo andare dalla buca perché potrei farmi male.
A casa mia, che è una bella casa, succedono cose strane da un po’ di tempo.
Il mio gatto quando miagola da incavolato o sbuffa, butta fuori dal naso delle nuvolette di fumo nero dentro a bolle che sembrano fatte di sapone.
Mio fratello dice che forse lo ha mangiato il sapone, però poi le bolle spuffano mandando tanti luccichini e una volta ho visto una farfalla di quelle grosse trovarsi in mezzo e cascare in terra stecchita.
Casa mia non è un albergo, lo dice il mio papà con mio fratello che è più grande di me, e che è sempre in giro e va a scuola a Ferrara, all’ITIS.
E’ una casa a due piani, il primo dove ci vanno le macchine e il secondo dove abitiamo noi e io guardo la televisione.
Però è dietro casa mia che ci sono le cose da raccontare nel tema che sono tanto più interessanti.
Vicino alla buca grande del meteorite c’è una buca piccolina da dove vengono fuori continuamente i vermi, quelli lunghi, grossi e rossi.
Ogni tanto mi fermo a guardarli e lo vedi il verme, spuntare fuori con la testa, se è la testa ma penso di si perché viene avanti, guarda in giro come se cercasse qualcosa e poi parte.
La direzione è verso la ciotola del mio cane, anche se è distante.
Il verme esce, striscia per un po’ e poi prende fuoco e non resta niente, solo una righina nera e storta.
Mio fratello dice che si chiama autocombustione.
Bruciato un verme passa poco tempo e ne spunta un altro e anche lui fa uguale.
Guarda in giro, esce, va verso la ciotola di Clinton che è il nome del mio cane, poi brucia con una lucina arancione.
E’ così da un po’ di giorni, da quando c’è la buca continuano a uscire un verme dopo l’altro e si è fatta la scia di bava e la montagnina di cenere.
Sempre li vicino ma a destra della buca è anche cresciuta una pianta.
Non l’ho mai vista una pianta così, ma la mamma dice che dovrebbe essere una pianta ma non ne è sicura.
Ha un unico fiore bianco e uno stelo verde scurissimo, con le foglie rotonde e ogni giorno cresce sia il fiore che lo stelo e fa una foglia nuova.
Adesso sono cinque e sono messe attaccate allo stelo come i gradini della scala che ho per andare in soffitta, a giro chiocciola.
La prima volta che ho guardato il fiore da vicino ci sono rimasto abbastanza male, perché quando gli ho passato la mano sopra si è aperto e mi ha guardato anche lui.
Non sto dicendo una bugia, l’ho fatto vedere anche alla mamma che non mi credeva ma poi ha visto anche lei.
Le ciglie del fiore si sono aperte e l’occhio mi ha guardato, e ha continuato a guardarmi e seguirmi fino a che non mi sono allontanato e nascosto dietro il muro.
Poi si è chiuso perché sono tornato indietro a vedere ed era chiuso, e fa così ogni volta che gli passo sopra la mano e gli faccio ombra.
Adesso è diventato un occhione grosso grosso, ci si vedono anche le vene rosse come quelle del nonno.
A casa mia siamo io, che sono Pierino, la mamma Piera, il papà Augusto, il gatto Bogumil, il cane Clinton e mio fratello Giorgio.
C’è anche il nonno, Euterpe, che è vecchio e ogni tanto mi dimentico che c’è perché è sempre via con la bicicletta.
Non la muntain bike ma quella vecchia e scassata tutta nera. Fa un casino boia perché non ci mette l’olio.
La mamma ultimamente ha qualche problema di memoria, non trova più un dito.
La cosa per me è grave perché il dito che ha perso era l’indice della mano destra, che è quella che usa di più con il computer.
Non è da molto che perde le dita, sempre da dopo che è arrivata la buca, il meteorite a fare la buca.
Ma la mamma se li riattacca non appena vedeva che le cadevano.
L’altra mattina facendo colazione dopo essersi alzata si è accorta che le era caduto un dito, lo ha raccolto e riattaccato ma gliene mancava già uno e non lo ha proprio ritrovato, e si che abbiamo cercato dappertutto.
La mamma mi ha spiegato che è come quando si va dal dentista e ti mette le capsule posticce in attesa che arrivino quelle vere di ceramica.
Si staccano sempre perché la colla non tiene, poi ti stufi, le appoggi in giro e non ti ricordi dove le hai messe e le ritrovi un mucchio di tempo dopo quando meno te lo aspetti.
Il papà ieri era preoccupato per il pino, quello che ha piantato il nonno quando lui è nato e allora gli è molto affezionato.
Il pino è tanto alto, più della casa e le pigne cadono per terra facendo dei botti e lo lasciano spoglio.
Dopo essere cadute, le pigne sembrano come i pezzettini di ferro quando li prendi con calamita, che ti avvicini e saltano loro.
Quando le pigne toccano terra si sparano indietro contro il tronco del pino e ci restano attaccate, stanno lì un pochino poi fanno un rumore come quando la mamma frigge le patatine nella padella e vedi che si sciolgono lì attaccate.
Il tronco ormai è diventato il doppio, più di un metro dice il mio papà.
A me, a casa mia, mi piace fare gli esperimenti.
Vicino alla cuccia di Clinton però distante che con la catena non ci arrivi, pianto le code di lucertola che Bogumil stacca quando ci gioca.
Quasi tutti i giorni o su o giù dalle scale ne trovo una.
Le ho sempre piantate nella terra e poi annaffiate per vedere se crescono, anche se lo so che non possono crescere, non sono piante, ma non si sa mai.
Infatti le ultime tre che ho piantato hanno dato dei risultati però non come pensavo io.
La mamma mi ha detto di non dire niente a nessuno, ma mi dice pure di non raccontare bugie e adesso io non sto dicendo niente a nessuno, sto scrivendo.
L’altro ieri o quella prima, di giorno, una delle code mentre le guardavo ha incominciato a muoversi.
Si è drizzata e poi a continuato ad andare qua e la a tutta velocità, pareva che ogni tanto volesse andare sotto portandosi dietro la stecchetta di legno piantata dove l’avevo legata con lo spago.
Dopo due minuti ha smesso e non si è più mossa.
Ho aspettato ancora un pochettino per vedere se riprendeva ad agitarsi ma non c’è stato più niente da fare, la sorpresa c’è stata però quando l’ho tolta da sotto terra perché ero curioso.
Magari c’era una talpa o un altro animaletto che da sotto ci giocava, diceva mio fratello, invece quando l’ho tirata su c’era la lucertola tutta intera ricresciuta e anche le due vicine, ma erano morte tutte e tre.
Per mio fratello, e io gli credo perché non è scemo ed è più grande, prima erano vive, quando si muoveva quella che ho visto io e anche le altre che non ho visto, poi sono morte soffocate perché erano sotto terra e non sono riuscite a uscire a respirare.
Lui dice che si vedeva dalla terra dentro la bocca e penso che sia vero perché sbattendo le lucertole sul marciapiede di casa la sabbietta la sputavano fuori.
A casa mia il nonno è quello più sfortunato, ultimamente.
Gli succedono le stesse cose che capitano alla mia maestra, ma essendo il nonno molto più vecchio è anche molto più lento.
Ad esempio, proprio ieri mentre ci dettava il titolo di questo tema alla maestra è caduto un occhio, è rimbalzato sulla cattedra e poi quando si è fermato vicino all’orlo gli sono uscite otto zampette nere tipo ragno, di quelli grossi e pelosi non quelli piccoli e sottili, e si è messo a correre giù per il piede della cattedra.
La maestra lo ha bloccato prima che arrivasse in fondo al piede e se lo è rimesso apposto, perché lei non è ancora vecchia e non ha l’artrite.
Il nonno invece quando gli è caduto l’occhio era in corridoio, gli è scivolato sotto gli occhiali e dopo essere rimbalzato e avere rotolato per un po’ ha messo fuori le gambette anche lui e ha cominciato a sbattere da una parte all’altra del corridoio come una pallina nel flipper.
Il nonno senza occhiali è praticamente cieco e l’occhio senza occhiali puoi immaginare quanto ci vedeva, pim pum contro il muro.
Quando il nonno stava finalmente per prenderlo con la scopa bloccandolo in un angolo, è arrivato il mio gatto Bogumil che lo ha mangiato in un solo boccone e poi è corso via.
E’ molto sfortunato il nonno invece il mio papà…………”.
– Oh… accidenti! – il vigile del fuoco si ritrovò senza più pagine da sfogliare.
Il suo volto esprimeva un’espressione a metà tra l’esterrefatto e lo sconvolto. Quello che aveva appena finito di leggere gli aveva insinuato un senso di disagio inconcepibilmente esagerato. Si sentiva fisicamente male, era stanco e lo stomaco lanciava segnali di rivolta. Era depresso.
– Capo! Capo! – la voce esagitata del suo collega gli giunse da dietro l’angolo del malridotto edificio li avanti pochi metri. Doveva essere tornato sui suoi passi visto che tardava a raggiungerlo.
– Capo!… eccoti qua. – lo vide sbucare ansante e arrossato in volto. – Vieni, presto. C’è un cadavere dentro un armadio e… qualcosa di strano. – la sua espressione era tutt’altro che tranquilla.
– Arrivo. – gli rispose senza pensarci mentre qualcosa pareva volergli salire dallo stomaco su per l’esofago accennando ad un conato di vomito. Contemporaneamente fu distratto da un lieve rumore e una leggera, seguente di un attimo, botta su di un piede. Qualcosa gli era caduta sulla scarpa, e non poteva aver sbattuto contro niente, perché, fu il suo pensiero, non si era ancora mosso da quando aveva preso in mano il quaderno, nemmeno di un millimetro.
Guardò cos’era e urlò.
Non quando vide che vicino alla sua scarpa destra c’era un dito, ma quando si accorse che era un suo dito, per la precisione l’indice della mano destra.

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