IL SOLITO GREGOR
"Gregor, sei tu?
Gregor!" - bisbigliò Tonio balzando a sedere sul letto e
cercando l'interruttore della lampada. "Gregor, sei tu?" -
ripeté una seconda volta, con voce già meno assonnata,
già meno fiduciosa.
Nessuna risposta venne dall'ampia
stanza, ancora buia perché Tonio non era riuscito a trovare
subito l'interruttore, e aveva deciso di cominciare con l'inforcare
gli occhiali che invece gli erano capitati sottomano nel tastare alla
cieca sulla cassetta accanto al letto. Non gli sarebbero serviti
molto, gli occhiali, finché la stanza fosse stata buia, ma con
gli occhiali Tonio si sentiva già come se ci vedesse meglio.
Senza più parlare, l'orecchio teso a cogliere nuovamente il
leggero rumore che lo aveva destato nel cuore di una notte come
sempre del tutto silente, egli continuava piano piano a spostare a
tastoni la mano sulla cassetta, alla ricerca dell'interruttore. Ma il
silenzio che s'era rifatto denso e compatto, quel silenzio che da
tanto ormai veniva rotto soltanto, oltre che dai consueti ronzii
sommessi e regolari delle macchine della base, da ciò che lui
stesso faceva, dai rumori che lui stesso produceva (a volte con il
solo scopo di sentire un suono), gli aveva già distrutto la
speranza. Quel rumorino doveva esserselo sognato, come nei primi
giorni sognava di rivedere Gregor vivo e vegeto, per poi svegliarsi
di soprassalto e rendersi conto rabbrividendo che non si era trattato
che di un'illusione. Ma già dopo qualche giorno l'inganno del
sonno non aveva più funzionato, e prima ancora di aprire gli
occhi, prima ancora di essere del tutto sveglio, era in grado di
capire che solo d'un sogno s'era trattato e a volte provava a
scivolare nuovamente nel sonno, con la speranza che il sogno non si
fosse interrotto completamente, che almeno in questa forma illusoria
egli potesse godere ancora un po' della compagnia perduta.
Gregor
era scomparso da più d'una settimana. Gregor era morto, da più
d'una settimana. Non poteva che essere morto, comunque, dopo tutto
questo tempo, anche se non fosse finito nel crepaccio. Non si poteva
sopravvivere a lungo là fuori, anche senza finire in fondo ad
una voragine come quella, fra neve e ghiaccio e nient'altro che neve
e ghiaccio.
Tonio era arrivato alla base Tre Sorelle due mesi
prima, insieme a Gregor ed Albert. Prescelti dai rispettivi paesi
perché erano ciascuno nel proprio campo tra i più
brillanti giovani scienziati, ma anche perché di solida
costituzione fisica e di buona resistenza psichica. Caratteristiche
importanti, queste ultime, per chi andava a trascorrere nel cuore
dell'Antartide i terribili sei mesi di quella immensa notte
invernale. La spedizione Gelido Notturno era la prima che intendesse
compiere la sua ampia gamma di esperimenti e ricerche durante tutto
l'arco del semestre invernale antartico, un intero semestre di notte
perenne. Durante il quale i tre uomini che la componevano sarebbero
stati, oltre che privi della vista del sole, totalmente isolati dal
resto del mondo. In considerazione di ciò, i tre paesi che
avevano congiuntamente organizzato la spedizione s'eran presa la pena
di scegliere degli uomini che, oltre a possedere tutti i requisiti
psicofisici e scientifici necessari, si conoscessero già e
intrattenessero fra loro rapporti di amicizia oltre che di
stima.
Così, dopo un opportuno periodo di preparazione in
comune, e di già quasi totale isolamento, trascorso in un
laboratorio appositamente approntato fra le montagne in Nord Europa,
i tre prescelti erano stati portati fra i ghiacci eterni
dell'Antartide e lì lasciati, per non venire recuperati che
sei mesi dopo. Tonio era un chimico veneziano, Gregor un fisico
praghese, ed Albert un astronomo bavarese. Per tutti e tre il proprio
lavoro era quel che più contava nella vita, e questo ne aveva
fatto dei solitari, privi di legami familiari o sentimentali -
requisito anche questo preso in considerazione dai selezionatori.
Poiché comunque s'era ritenuto opportuno che avessero una
qualche valvola di sfogo che li aiutasse a superare possibili momenti
difficili, ad Albert era stato consentito di portare con sé
una scacchiera e dei manuali di questo gioco che lo affascinava, a
Gregor una pila di dischi di musica classica, sua grande passione, ed
a Tonio una necessariamente limitata, pur se composta di edizioni
tascabili, selezione di classici della letteratura, nella cui lettura
egli amava immergersi quasi quanto in quella delle più
complesse formule chimiche.
Armati quindi di giovanile coraggio e
di determinazione da studiosi, si erano istallati da un paio di mesi
nella base Tre Sorelle su un altipiano sufficientemente pianeggiante
perché un aereo potesse atterrarvi, più prossimo
possibile al Polo poiché da tale posizione i loro esperimenti
sarebbero risultati di maggiore interesse. Il nome alla base lo
avevano dato i tecnici che erano venuti a montarla per loro, che
tornando li avevano assicurati di averla fornita di tutto il
necessario, ivi comprese tre splendide sorelle che avrebbero
addolcito la loro notturna solitudine e così Tre Sorelle era
diventato il nome ufficiale della base.
Le cose purtroppo non
erano andate secondo i piani. Albert, dopo pochi giorni dal loro
arrivo, era scivolato su un lastrone di ghiaccio mentre istallava un
telescopio in cima ad un erto cocuzzolo, piombando pesantemente al
suolo vari metri più in basso e spaccandosi la testa. Lo
avevano seppellito sotto un cumulo di neve, poiché scavare il
ghiaccio era impossibile, e sulla tomba avevano deposto la sua
scacchiera. E poi, qualche settimana dopo, era stata la volta di
Gregor, scomparso in un profondo crepaccio che doveva esserglisi
spalancato sotto i piedi, o più esattamente sotto lo slittino
elettrico, durante la costituzione di un piccolo rifugio a qualche
chilometro dalla base, dove egli contava di esser in grado di
effettuare esperimenti di elettromagnetismo senza risentire delle
perturbazioni create dalle attrezzature del campo principale.
Quando,
dopo averlo atteso invano per due ore oltre il tempo limite previsto
per il suo rientro, Tonio s'era incamminato lungo le tracce lasciate
dall'andirivieni del compagno, a piedi poiché lo slittino di
Gregor era l'unico mezzo di locomozione di cui disponessero, gli
c'era voluta una mezza giornata (giornata?!) di marcia estenuante per
arrivare al punto dove un enorme crepaccio interrompeva la pista,
tagliandola perpendicolarmente. Al di là di esso la sua torcia
potente non riuscì a trovare alcun segno dell'amico.
Sporgendosi con cautela sul suo bordo incredibilmente fragile, arrivò
a rischio della propria vita a proiettare un fascio di luce sul fondo
del baratro. Qualcosa di colorato era laggiù, indistinguibile
purtroppo. Qualcosa che non diede alcuna risposta ai ripetuti
richiami di Tonio. Scendere si rivelò del tutto impossibile,
ed eccessivamente rischioso provare ad aggirare il vasto spacco per
cercar di vedere meglio dal lato opposto, poiché fratture
laterali minori disegnavano il ghiaccio trasversalmente a quella
principale facendo ritenere tutta la zona estremamente
pericolosa.
Quando sentì che la stanchezza ed il freddo
stavano ormai per rendergli impossibile il lungo ritorno alla base,
Tonio riuscì a scuotersi dal torpore mentale che la perdita
del suo compagno superstite gli aveva prodotto e, come per sfidare il
mondo feroce e insensibile che voleva abbatterli uno dopo l'altro, si
rimise in marcia con una determinazione da cui era estraneo ogni
personale desiderio di sopravvivenza verso Tre Sorelle. Vi arrivò
infine. Non seppe mai quanto tempo aveva impiegato in quella marcia
sonnambulica, poiché appena rientrato si era lasciato cadere
sul letto in preda ad un sonno senza coscienza al quale aveva fatto
seguito un lungo periodo in cui le fasi di veglia erano prive di ogni
lucidità e quelle di sonno turbate da incubi che, soli,
arrivavano a penetrare la nebbia della sua mente.
Il suo orologio,
quando Tonio fu in condizioni di capirne il messaggio, gli rivelò
che erano trascorsi tre giorni dalla scomparsa di Gregor. Sì,
dalla scomparsa di Gregor, non dalla morte di Gregor. Albert, lui sì,
certo era morto, lo avevano visto morto, e lo avevano seppellito, ma
Gregor era soltanto partito e non tornato indietro. Perché
considerarlo morto ad ogni costo? Era scomparso, scomparso e basta. E
poteva sempre darsi che tornasse.
L'illusione del ritorno del suo
ultimo compagno era poi andata spegnendosi giorno dopo giorno,
limitandosi ad aleggiare inconsistente, aggrappata ad un sogno che
allo svegliarsi completo di Tonio svaniva sotto la pressione della
mente lucida, incapace di trovare un motivo plausibile per tenere in
vita un così assurdo fantasma.
Ma il leggero scricchiolio
che lo aveva strappato dal sonno, fatto reale e non immagine creata
dalla sua mente, aveva ridestato improvvisamente una speranza
ragionevole, una speranza cui, desto, poteva ancora dar credito, per
quanto improbabile essa fosse. Spente erano le macchine che avrebbero
potuto produrre, per un guasto improvviso, un suono fuori dal
normale, né altri esseri viventi erano giunti al campo al di
fuori dei tre scienziati, ed inimmaginabile era la presenza di un
qualsiasi animale all'esterno, nella gelida vuota desolazione di una
terra sepolta sotto un'eterna coltre di ghiacci.
"Gregor,
rispondimi, ti prego", bisbigliò ancora una volta con
voce tremante. Ma il suono leggero della propria voce svanì
nel silenzio tornato intatto.
Tonio sobbalzò alla luce che
improvvisa rischiarò la stanza. La sua mano aveva trovato
l'interruttore e lo aveva premuto senza che egli se ne rendesse
conto, teso com'era a comprendere cosa stesse accadendo.
Nulla,
nulla era in vista, nella tenue luminosità che la debole
lampadina da lettura distribuiva nell'ampia stanza ingombra d'ogni
sorta di strumenti, casse, pacchi. Certo Tonio non poteva distinguere
se qualcosa si celasse nei cento angoli bui che tutte le cose
ammucchiate nello stanzone lasciavano in ombra, ma era indubbio che
lo scricchiolio, se veramente esistito, non lo aveva prodotto Gregor.
D'altronde quel rumore Tonio lo aveva percepito come proveniente
dall'interno della stazione, netto e chiaro pur se leggero, non
attutito e smorzato dalle pareti ricoperte d'uno spesso strato di
neve della base. Un controllo all'esterno era comunque l'unica cosa
che gli restasse da fare, poiché dentro non pareva proprio che
ci fosse niente che avrebbe potuto produrlo. Giusto per spazzar via
ogni residua illusione.
Stava già per mettere i piedi a
terra, quando un fruscio quasi impercettibile gli colpì le
orecchie con la forza di una fucilata. Rimase immobile, trattenendo
perfino il respiro, rendendosi conto che il rumore udito era più
fievole del suono prodotto dal suo stesso respirare. Aguzzò lo
sguardo con un'intensità che gli fece male alle tempie, e lo
indirizzò verso la zona da cui il fruscio gli era parso
provenire, l'angolo cucina dello stanzone, locale multiuso ove quasi
tutta l'attività della base erano concentrate, per l'esigenza
di limitare al massimo l'uso di energia per il riscaldamento.
Solo
dopo un lungo momento gli sembrò di cogliere un infimo
movimento, per terra accanto ad una grossa scatola di cartone su cui
spiccava la scritta 'biscotti'. Come un leggerissimo luccicare nella
penombra. Con gesti lenti e controllati allungò la mano a
prendere il lume accanto al letto e lo portò in avanti, in
modo da illuminare un po' meglio la zona dove aveva colto il debole
luccichio.
Uno scarafaggio! Le lunghe antenne vibranti, la lucida
corazza, le zampette che si muovevano caute. Un lurido, schifoso
scarafaggio! Che lui aveva preso per l'amico scomparso, per
Gregor!
Per Gregor. Senti un brivido corrergli su per la schiena,
le tempie gli divennero invece di fuoco. Ora tremava con tutto il
corpo, violentemente, mentre la testa sembrava scoppiargli. Incapace
di qualsiasi movimento, gli occhi inchiodati all'animaletto.
Gregor.
Ancora una volta! Ancora una volta la stessa orrida metamorfosi.
Gregor, nuovamente uno scarafaggio! Gregor il praghese, perseguitato
dalla maledizione di Kafka. Di quel Kafka che Tonio aborriva, fra
tutti gli scrittori moderni, perché lo trovava perverso,
diabolico. Eppure, per rispetto a tanta critica illustre, egli aveva
cercato di riabilitarlo ai suoi occhi, aveva provato a mettere da
parte il suo disprezzo per quell'abietta espressione del mondo, lo
aveva riletto e riletto con puntiglio, come a concedergli una due tre
prove d'appello, che il processo cui lo sottoponeva fosse
ineccepibile, fosse tale che Kafka stesso non avrebbe potuto
irriderlo. Ed ora ecco che l'immondo scrittore riusciva ancora a
lordare quel mondo che odiava perché non sapeva capirlo, che
infangava perché ne aveva paura, su cui trasferiva la propria
tortuosa sozzura. Colpendo vigliaccamente di nuovo il povero Gregor,
adesso, che era ancora più debole e indifeso di quando faceva
il commesso viaggiatore, adesso che era lontano da casa, perduto in
mezzo ai ghiacci tenebrosi, senz'altri amici che lui, Tonio.
Ma
con lui lì non gli sarebbe riuscito per la seconda volta di
realizzare il suo infame piano fino in fondo, lui, Tonio, non si
sarebbe lasciato influenzare facilmente come era accaduto alla
famiglia di Gregor, non si sarebbe fatto vincere dal ribrezzo al
punto da cancellare l'affetto per l'amico, per il compagno che con
lui divideva la terribile solitudine della notte perenne. No, Gregor
era il suo unico compagno, lo sarebbe rimasto per un tempo
incalcolabile, forse per sempre, fra questi ghiacci privi di luce,
privi di vita.
"Gregor, son contento che tu sia tornato. Lo
sapevo che non potevi esser morto, non anche tu. Che non mi avresti
lasciato solo quaggiù. E non mi importa quel che ti è
successo. Non deve importare nemmeno a te. Sarà tutto come
prima, vedrai." Tonio aveva parlato con voce bassa e roca, una
profonda commozione gli serrava la gola. Le antenne dello scarafaggio
avevano evidentemente percepito il suono delle sue parole, che
avevano seguito agitandosi in un tremore leggero. Tonio, sempre
immobile sul letto, seguitava a fissare affascinato l'animaletto
bruno, lucente sotto la tenue luminosità che lo investiva. Le
zampette, che mentre egli parlava si erano arrestate, ora ripresero a
muoversi, caute, mentre le antenne giravano in qua e in là.
L'insetto sembrava incerto sulla direzione da prendere,
esitante.
Tonio, pian piano, fece scivolare le gambe giù
dal letto e si mise in piedi. La testa gli girava, mancò poco
che lasciasse cadere il lume che ancora teneva in mano. Il brusco
agitarsi della luce spaventò lo scarafaggio, che veloce corse
a rintanarsi sotto il bordo del pacco che gli era più
vicino.
"No, Gregor, non aver paura. Scusami, scusami, non
volevo spaventarti", bisbigliò Tonio facendo attenzione a
restare immobile. "Devo sembrarti un enorme gigante, adesso, una
mostruosa incarnazione di colui che era il tuo compagno. Scusami,
capisco che non dev'essere facile per te accettarmi ancora come un
amico, ma sappi che non devi aver timore di me, che farò ben
attenzione."
L'insetto fece qualche timido passetto fuori dal
suo rifugio, e si fermò, fronteggiandolo. Solo le antenne si
muovevano, vibrando leggermente. Allora Tonio poggiò con cura
il lume sulla cassetta accanto al letto e mosse lentamente un passo
verso di lui. Cautela sprecata: il tempo che il suo piede si posava
nuovamente per terra, lo scarafaggio era già scomparso
nell'oscurità. Tonio ebbe un gesto di stizza, poi rimase
immobile, perplesso, a guardare il buio dove era sparito veloce
l'animaletto. Una lacrima gli scivolò sulla guancia.
"Gregor",
sussurrò piagnucoloso, "Gregor..." Un pensiero gli
attraversò la mente, e parve risvegliarlo dallo stato di
attonita prostrazione in cui ritrovarsi nuovamente solo lo aveva
subitamente piombato. Si precipitò all'armadietto dei viveri e
aprì convulsamente due tre scatole. Un pizzico di zucchero,
uno di cacao, uno di latte in polvere - non gli venne in mente altro.
Andò a depositare il tutto nel punto dove lo scarafaggio si
era fermato a guardarlo e ad ascoltarlo. E nel far ciò
sorrideva. Sorrideva per la prima volta da quando Gregor non era
tornato indietro. Sorrideva come se Gregor potesse sorridere con
lui.
Poi tornò a mettersi a letto, e si riaddormentò,
il sorriso ancora sulle labbra.
Appena desto, riaccesa la luce,
diresse lo sguardo verso il punto in cui aveva lasciato il cibo.
Nessuna presenza, ma chiare tracce che l'offerta aveva suscitato
interesse. Qualche granello scuro di cacao e bianco di latte in
polvere, rimasti probabilmente attaccati per qualche tempo alle
zampette dello scarafaggio, segnavano la via seguita dall'insetto dal
mucchio di provviste indietro verso la propria tana.
Levatosi di
buon umore, Tonio per prima cosa andò ad accendere tutte le
lampade della stanza, in modo da avere un'illuminazione che gli
consentisse di vedere chiaramente quasi dappertutto, senza grosse
zone di penombra. Poteva così muoversi senza timore di
schiacciare inavvertitamente il suo compagno o di terrorizzarlo con
il camminargli troppo vicino. "La luce non gli farà
paura, poiché sa che non ha nulla da temere." - si disse,
dopo un attimo di perplessità. "Anche se non fosse ancora
sicuro che io l'ho riconosciuto, dovrebbe comunque aver capito che
non gli voglio alcun male. Avrà di certo immaginato che il
cibo che ha trovato questa notte lo avevo lasciato apposta per
lui."
Si fece del caffè, forte e ben zuccherato, e,
prima di sedersi al suo tavolo da lavoro dove lo avrebbe sorseggiato,
centellinandolo e gustandone ogni sorso con la consueta beatitudine
del vero intenditore, si fermò a lasciarne cadere una goccia
accanto al mucchietto delle 'provviste'. "Se non hai cambiato
troppo di gusti," - disse a voce alta - "forse gradirai
anche un po' di caffè, ricordando come io ti abbia fatto
scoprire la vera bontà di quella che tu chiamavi 'brodaglia
nerastra' prima di convircerti a provare quello che faccio io."
E ridacchiò fra sé e sé.
Lavorò di
buona lena per parecchie ore, assorbito nell'esame di dati che da
giorni osservava senza arrivare nemmeno a rendersi conto di cosa
significassero, che registrava meccanicamente perché era in
grado di farlo senza esserne cosciente, e che ora tornavano ad
attrarre la sua attenzione, ad essere comprensibili, valutabili,
interpretabili. Procedette poi a modificare alcune regolazioni degli
strumenti, con cura, mano ferma ed occhio critico. "Gregor,"
- gridò girando leggermente il capo di lato - "stanno
venendo fuori cose incredibili. Non sono certo che gli strumenti
leggano bene, ma se è così... E' un vero peccato che tu
non possa portare avanti i tuoi esperimenti, son sicuro che ci
aiuterebbero a capire quel che succede qui. Sai, se questi dati sono
corretti, dovremo rivedere un bel po' di teorie, proprio un bel po'.
E se non ho il supporto delle tue ricerche a confermare questi
risultati, so già quanto mi ci vorrà per convincere
tutti quei testoni che sono rimasti laggiù al calduccio ad
accettare i miei dati. Prima di riconoscere che si sbagliavano di
grosso proveranno a dimostrare che i miei strumenti erano impazziti,
e magari che sono impazzito anch'io!"
Dopo pranzo spense
tutte le luci ed andò fuori a fare i controlli periodici che
aveva trascurato nei giorni precedenti. Nessun grosso problema, ma si
attardò all'esterno più del necessario. "Lasciamo
a Gregor il tempo di uscire a mangiare. Probabilmente gli scarafaggi
non escono con la luce proprio perché non amano la luce, non
perché abbiano paura di esser visti. Avranno probabilmente
degli occhi particolarmente sensibili. Forse ho sbagliato a tenere
accesa tanta luce. Farò bene a lasciare la stanza in penombra.
Basterà che cammini piano e guardi dove metto i piedi."
Ma
il cibo non era stato toccato, nella mezz'oretta in cui egli era
rimasto fuori dall'edificio, né lo fu per tutto il pomeriggio.
Nonostante la luce bassa l'insetto non si fece vedere né
sentire.
Dopo cena Tonio si mise a letto con un libro in mano. Non
si addormentava mai senza leggere almeno per un'oretta. Si era
portato dietro tutto Hemingway, ritenendolo una lettura
particolarmente adatta ad un lungo periodo di confinamento in un
freddo stanzone nella notte perenne - gli avrebbe almeno ricordato di
un mondo assolato e pieno di vita e movimento e passione. Lesse con
la lampadina schermata, per rispetto alle esigenze del suo piccolo
amico, e con le orecchie tese a cogliere il più leggero
fruscio.
Ed infine lo sentì. Abbassò lentamente il
libro e sporse la testa fuori dal letto. Avanzava svelto, le zampette
agili sotto il lucido carapace. Le antenne sondavano ora l'aria ora
il terreno. Procedeva a zig-zag, come se non sapesse bene dove
dirigersi.
"Gregor", bisbigliò Tonio. L'altro si
immobilizzò. "Gregor, sono io, Tonio. Non aver paura."
Le antenne dello scarafaggio presero a muoversi freneticamente, poi
si fermarono. "Spero che quel che ti ho lasciato da mangiare
ieri sia stato di tuo gradimento. Ne avrò la conferma se ci
tornerai anche stanotte, se no domani proverò con
qualcos'altro. Ti ho lasciato anche del caffè - ad un
nottambulo come sei diventato dovrebbe esser gradito." Ridacchiò
piano, poi rimase in silenzio per vedere cosa succedeva.
L'animaletto
alzò ed abbassò un paio di volte le antenne, poi prese
a dirigersi velocemente verso il mucchietto delle polverine. Si fermò
dinanzi alla goccia di caffè, ormai quasi rappresa, e la
'annusò' con la punta di un'antenna, sfiorandola soltanto.
Quindi si decise ad accostarvisi. Tonio, da lontano e nella penombra,
poteva notare soltanto un rapido agitarsi di qualcosa che potevano
essere mandibole o il primo paio di zampe - non sapeva pressoché
nulla dell'anatomia delle blatte, ma gli sembrava evidente che lo
scarafaggio stava mangiando.
"Lo sapevo che ti sarebbe
piaciuto, il caffè, ma fa' attenzione a non esagerare, quella
goccia è come un'intera caraffa per le tue attuali dimensioni.
Ricordi che ti dicevo sempre di controllarti con il caffè,
quello che faccio io non è sciacquatura di piatti come usate
al tuo paese, è un vero concentrato, forte come una bomba.
Com'è buono, dicevi la prima volta che venisti per un corso
alla mia università, quando te ne offrii uno al bar della
facoltà, e continuasti di nascosto a me a berne per tutta la
giornata, e poi per due giorni non riuscisti a chiudere occhio e alla
fine ti addormentasti di colpo durante l'esperimento del professor
Boti, russando come un maiale. Dai, fammi vedere adesso se ti piace
il latte in polvere. Domani proverò anche a lasciarti qualche
briciola di biscotto, e magari anche un po' di carne in scatola. Può
darsi che a poco a poco tu perda i tuoi gusti umani, come l'altra
volta, ma stai tranquillo, mi prenderò cura di te almeno
quanto faceva tua sorella la prima volta. Non vuoi altro? Guarda che
non credo ci sia niente di commestibile in giro. O vai giusto a fare
una passeggiata? Certo, dopo essertene stato tutto il giorno
rintanato avrai pure bisogno di far quattro passi. Tu, poi, che alla
tua passeggiatina dopo pranzo non ci rinunciavi nemmeno alle Tre
Sorelle, e te n'andavi a sgambettare disinvoltamente a trenta gradi
sotto zero perché qua dentro c'era troppo poco spazio! Adesso
almeno lo spazio qui per te è diventato tanto, specie che puoi
passeggiare anche sui muri e sul soffitto. Ehi, non scomparire, resta
qui in giro! Mi dovrai spiegare che diavolo ci trovi di interessante
ad andarti a cacciare là sotto. Sei sempre il solito, mai che
si possano fare quattro chiacchiere filate con te. Va bene,
buonanotte, e domani vedi di uscire un po' prima."
Ma anche
l'indomani, ed i giorni seguenti, l'insetto non si faceva vivo che
quando le luci che servivano a Tonio per lavorare venivano sostituite
con una lampadina fioca fioca e schermata. Tonio un po' se ne
crucciava, ma il sapere che lui era comunque lì, anche se se
ne stava a poltrire in un qualche angolino buio, era sufficiente a
tenergli su il morale. Giorno dopo giorno andava avvicinando al letto
il 'pranzo' dello scarafaggio, e con soddisfazione lo vedeva farsi
sempre più disinvolto. Anche se talvolta, nell'eccitazione di
raccontargli di un imprevedibile risultato di un qualche esperimento
fatto quel giorno, alzava la voce o gesticolava, ormai la blatta si
limitava a girarsi un momento a guardarlo e ad agitare veloci le
antenne, per poi tornare serenamente al suo pasto.
"Eh sì,
proprio sorprendente, vero? No, non c'è da fare quella faccia
incredula, e invece di argomentare a vanvera tieni un po' ferme
quelle antenne e stammi ad ascoltare bene. E' proprio così, un
risultato chiarissimo, inconfutabile. E al diavolo quel che
sostengono tutti quei cervelloni che se ne stanno a poltrire nei bei
laboratori delle loro comode università, e la sera vanno al
cinema con la ragazza. Che vengano qui a verificare i miei
esperimenti, prima di dire che non è possibile. Tu non ti
scaldi molto, eh, ma anche con la sua calma olimpica vorrei vedere
te, a sentirti accusare di considerare tutti i cervelloni
riconosciuti e paludati come dei ragazzini distratti che non hanno
capito nulla di quel che succedeva sotto il loro naso. Perché
è proprio così: avevamo tutti frainteso ciò che
vedevamo, avevamo costruito splendidi castelli sopra un malinteso, e
ora dovremo ricominciare tutto quanto da capo, tutti a zero. Mi
faranno rimpiangere di non essere ancora qui, dove almeno un amico ce
l'ho. Anche se sei proprio un bell'amico, devo dirtelo, che quando
hai finito di mangiare non vuoi sapere più niente e te ne vai
a sgambettare in giro, come se quello che ti sto dicendo fossero
chiacchiere tanto per passare il tempo. Lo so, che forse staresti ad
ascoltarmi con più attenzione se parlassi di donne, ti conosco
bene, staresti lì a chiedermi se l'assistente del professor
Bosi mi ha più detto nulla di te, o se la figlia di Tortini ha
fatto allusioni al suo stage a Praga dell'estate scorsa. Sai che non
ti ho mai raccontato che la Soratti, Margherita, quella bionda alta
magra magra del laboratorio di fusione, spasima per te, ma è
troppo timida per fartelo notare, non te l'avevo mai detto perché
speravo che un giorno si accorgesse di me, ma adesso mi sento pronto
a sfidarti per lei, adesso di me si accorgeranno tutti! Va bene, va
bene, fai pure finta che della Soratti non t'importa niente, ma so io
come la guardavi!"
Lo scarafaggio, con il passare delle
settimane, si andava sempre più abituando alla presenza di
Tonio e, purché questi non facesse gesti troppo bruschi, gli
veniva vicino perfino quando lui stava seduto per terra. Tonio aveva
preso l'abitudine di mangiare il suo pasto serale molto tardi, quando
la fame gli attanagliava le budella al punto da fargli abbandonare, a
malincuore, il lavoro. E mentre lui stesso mangiava depositava per
terra accanto a sé qualche briciola della propria cena per
l'insetto che, attratto dall'odore del cibo o abituatosi alla
routine, accorreva immediatamente a prender parte al
banchetto.
"Stasera, Gregor, ti ho fatto lo stufato con
patate, e ci ho messo dentro un po' di vino, come piace a te. Sì,
io sono sempre astemio, ma so quanto ami lo stufato col vino, come lo
fate voi a Praga, e così questa sera mangerò anch'io a
gusto tuo. D'altronde il più delle volte ti faccio mangiare
quel che piace a me, e mi sono accorto, ieri, che hai mangiato
pochissimo: il risotto ai funghi non ti è mai andato giù,
lo sapevo benissimo, ma ieri non ci ho pensato e me ne sono ricordato
solo quando ti ho visto andartene via disgustato. Anzi, sul momento
ho immaginato che ti fossi arrabbiato con me perché avevo
detto che voi fisici credete di avere le chiavi per capire il mondo,
ma è da noi che dovete venire per imparare come si fanno
funzionare le chiavi. Scherzavo, naturalmente, volevo solo
provocarti, sapendo come sei suscettibile sull'importanza del vostro
fare tutto a pezzetti sempre più piccoli, più piccoli
di quanto non riusciamo perfino noi chimici. Ma, scherzi a parte - e
non cominciare a scuotere le tue antenne come se io stessi dicendo
eresie - servirebbe a poco il vostro spezzettare se poi non ci
fossimo noi a mettere i pezzetti insieme, e a mostrarvi cosa si può
fare con tutta quella vostra inutile minutaglia. Sì, stasera
parlo perché so che anche se ti offendi non abbandonerai il
tuo stufato - guarda, guarda come sta ad ingozzarsi, il praghese!
Altro che la roba che ti portava tua sorella, l'altra volta! Lei però
aveva ragione quanto alla puzza, lascia che te lo dica. Quando mi
stai così vicino la sento anch'io, questa tua puzza di
scarafaggio. D'altronde non eri mai stato tanto profumato neanche
prima, ah ah ah!"
Ma come quello si abituava alla vicinanza
di Tonio, questi si assuefece anche all'odore dell'altro, e così
venne il giorno in cui il chimico invece di depositare a terra il
cibo per l'insetto glielo porse con due dita.
"Buon appetito,
Gregor, posso offrirti un pisello al burro? E non fare tutte quelle
moine con le antenne! Fra di noi niente complimenti! Rammenti quella
volta che andammo ad un congresso non ricordo più in che
paese, quando ci servirono l'agnello tutto intero e ci spiegarono che
non soltanto andava mangiato con le mani ma che era segno di cortesia
strapparne un pezzo e metterlo in bocca al proprio vicino? Che
andammo avanti mezz'ora imboccandoci a forza l'un l'altro, e alla
fine ci mettemmo a tirarci gli ossi addosso e ci cacciarono dal
locale? Ma a cominciare eri stato tu. Oh, buono il pisellino! Per
fortuna conservi i tuoi gusti umani. Dovresti cominciare a vedere se
non puoi in qualche modo riprendere la tua attività, che so,
provare a scrivere intingendo una zampa nell'inchiostro, a leggere,
magari correndo su e giù per la pagina. All'università
potrebbero farti una tastiera da computer speciale, miniaturizzata,
che tu possa agevolmente usare... Ma sarebbe certo meglio se potessi
tornare come prima - specie adesso che sai della Soratti!"
Un
giorno gli venne in mente che per spingerlo ad uscire dalla sua tana
prima di sera potesse essergli d'aiuto la musica, e cominciò a
metter su i dischi che Gregor si era portato dietro. "Questo
Paisiello, guarda, mi costringo a sentirlo proprio per far piacere a
te, perché mi sembra buono solo a far venire il sonno",
commentava, ovvero "Shostakovic a te piace molto, lo vedo come
arrivi e te lo stai ad ascoltare tutto beato, ma a me non sembra
proprio musica per cristiani - che sia musica per blatte?", e
rideva, rideva convulso fino a farsi venir le lacrime.
"Senti
un po' questo, Gregor", prese l'abitudine di dirgli quando,
aumentata la familiarità, lo scarafaggio prese a venir fuori
anche alla luce e gironzolare per la stanza mentre Tonio lavorava, "e
dimmi se ti sembra abbastanza chiaro. Anche se non sei un chimico,
dimmi come ti suona. I miei colleghi mi daranno addosso non appena
apro bocca, e saranno tutti compatti, per una volta, poiché le
mie scoperte ne fanno, di tutti indistintamente, degli scolaretti che
devono imparare tutto quanto da capo. Quindi avrò bisogno di
appoggio al di fuori del mio campo, e dovrò far capire il
senso delle mie scoperte anche ai non specialisti. E sta' un po'
fermo ad ascoltare!" Batteva le nocche sul piano del tavolo, e
l'altro allora si immobilizzava, girandosi a guardarlo. "Alla
buonora! Ed ora ascolta attentamente."
E Tonio finalmente
poteva tuffarsi nell'esposizione di qualcuno dei risultati dei suoi
solitari esperimenti, lanciando di tanto in tanto un'occhiata allo
scarafaggio. "Cosa vuoi dire, con questo scuotimento di antenne?
Per dio, Gregor, cosa vuoi dire? Non ti è chiaro, o non ti
convince? Non può non convincerti, ed è un ragionamento
chiaro come il sole, per dio! Guarda, te lo ripeto - e sta' ad
ascoltare attento. Te lo ripeto tale e quale, anzi, va bene, te lo
spiego in maniera più semplice. Forse in fondo avevi ragione
tu, la mia esposizione presupponeva ancora troppe cognizioni
specifiche, che non mi posso aspettare negli ascoltatori che non
siano del mestiere. Ricomincio, allora, e seguimi."
A
malapena adesso Tonio abbandonava gli argomenti scientifici quando si
sedevano a cenare. Solo allora, e per pochi minuti, la chiacchierata
cambiava soggetto. La cucina di Tonio d'altronde si faceva sempre più
semplice e approssimativa - solo nel fare il caffè, che
prendeva ormai in continuazione per mantenere costante la tensione
che sentiva necessaria per tenerlo in perenne stato di allerta contro
gli avversari, accaniti e spietati come prevedeva sarebbero stati,
poneva ancora la cura di sempre. Talvolta egli arrivava a rendersi
conto, quando si apprestava a nutrirsi di semplici biscotti che non
aveva neppure ammorbidito e di formaggio già rinsecchito,
della poca cura che ormai aveva di se stesso, e allora ringraziava
Gregor per il suo non protestare a dover condividere quei miseri
pasti, e gli prometteva banchetti luculliani per quando, sconfitti ed
umiliati i loro detrattori ed avversari, sarebbero stati famosi. Lo
scarafaggio in realtà continuava a mangiare di buon appetito,
e a mostrarsi amichevole. Ora si lasciava anche accarezzare, e
talvolta si azzardava, durante una passeggiata sul tavolo da lavoro,
perfino a solleticare con le antenne una mano di Tonio. "Sempre
voglia di scherzare e giocare, tu, resterai così pure da
vecchio, te l'ho sempre detto. Ma guarda che non si può
continuare così all'infinito. Già due anni fa, ricordi,
non ti dettero quell'incarico cui tenevi tanto perché Stulz
gonfiò talmente la storia di quel tuo scherzo all'Istituto che
ti fece considerare immaturo per un posto di grossa responsabilità.
Devi smetterla di fare il ragazzino, Gregor, o non farai mai carriera
nemmeno se passi una vita al polo sud. Contavo tanto che
quest'esperienza ti avrebbe finalmente reso uomo... Ma non è
stata colpa tua, stavolta. Almeno, credo. Voglio sperarlo. Ad ogni
modo questa, che doveva essere la tua occasione, purtroppo è
sfumata, ma ricorda che alla tua età non si deve lasciarsi
scappare la seconda, perché una terza potrebbe non esserci
mai. Un vero peccato, per questa volta, magari scoprivi anche tu
qualche cosa di sensazionale."
Così preso era Tonio
dal mettere insieme dati su dati, e dall'elaborarli, e dal trarne
teorie, e dal contrapporre queste a quelle preesistenti, e dal
confutare le obiezioni che scontava gli sarebbero state mosse, dal
prepararsi insomma alla grande e certamente epica battaglia della sua
carriera al cui termine si vedeva assurgere fra i massimi pionieri
della scienza, che il cupo rombo da cui venne destato di soprassalto,
dopo mesi di vivere in un mondo silente, lo colse del tutto alla
sprovvista. Accesa la luce, gli venne comunque in mente di lanciare
uno sguardo al calendario dell'orologio, cui da lungo tempo non aveva
più prestato alcuna attenzione.
"Gregor!", urlò,
"è l'aereo! Vengono a riprenderci!" E si lanciò
verso la porta infilandosi la tuta termica.
La tenebra era
squarciata da una lunga doppia linea di potenti lampade, il cui timer
aveva impeccabilmente funzionato, fra le quali già i fari
dell'aeroplano si abbassavano, in un fragore insopportabile. Tonio
rimase immobile, come imbambolato, sulla soglia della stazione,
frastornato da tutta quella luce e da tutto quel rumore, incapace
perfino di pensare che la lunga reclusione era finita, la prova
superata, il mondo dei colori e dei suoni, delle albe e dei tramonti,
degli alberi e degli uccelli ormai prossimo. Non si accorse quasi
nemmeno che la corsa dei fari si arrestava, che un portello si
apriva, che due figure infagottate gli venivano incontro facendo ampi
segni con le mani e gridando e ridendo.
Lo spinsero dentro dopo
averlo abbracciato. Soltanto quando fu nuovamente all'interno della
stanza, nell'ambiente che era divenuto tutto il suo mondo, senza più
l'offensivo sfavillare di tutte quelle luci e quell'insostenibile
frastuono, solo allora Tonio si sentì tornare ad esser padrone
di sé, guardò in faccia gli uomini che erano entrati
con lui, strinse loro la mano, sorrise.
"Benvenuti",
disse loro, "Era tempo." Era la frase con cui fin dal primo
giorno della reclusione Albert e Gregor e lui avevano concordato di
accogliere coloro che un'eternità più tardi sarebbero
venuti a riprenderli. E pensò che fra poco si sarebbe stati di
ritorno. Lo aspettava la sua casa, il suo laboratorio. La fama,
seppure ancora da strappare con le unghie e con i denti. Ma già,
dinanzi a questi estranei, si sentiva ben diverso da quando sei mesi
prima lo avevano accompagnato alle Tre Sorelle. Allora era un giovane
scienziato brillante ma oscuro, adesso egli era qualcuno che aveva
fatto delle scoperte rivoluzionarie e che stava per accedere
all'olimpo della scienza.
"Vi faccio un caffè?",
disse disinvolto, "Ne avrete voglia, immagino. Accomodatevi."
E si diresse calmo verso la cucinetta. "Cosa? Lì? Quello?
Sapete, quello è... no, sì, sì... è uno
scarafaggio. Uno scarafaggio, già, certo. Cos’altro
potrebbe essere? Nient'altro che uno schifoso scarafaggio." E
allungando rapido il piede lo schiacciò sotto la grossa
scarpa.
© Francesco Sciortino