"Esercitazioni - dedicato alle vittime della propria legittima
difesa"
racconto di Anna R. De Santis
(depositato in data 23/01/08)
Seduto sul letto, in pigiama, Peppino scaricava la
pistola.
Mariuccia trascinava il cavalletto carico del mucchio dei panni da
stirare:
- Meglio che lo scanso. Se poi non mi ricordo che sta qua... ci urto.
Vado a prepararmi.
Ciabattando uscì dalla camera.
Peppino, con movimenti cauti per via della sciatica, si cavò
i pedalini e si sistemò sotto le coltri:
"Speriamo che stavolta si conci meglio... La riconosco sempre
subito...!"
Dal salotto si spansero in tutto l'appartamento, uno dopo l'altro, i
dodici rintocchi della pendola e la notte lentamente si
avviò a farsi più fonda.
E poi ci fu il solitario rintocco dell'una. Sotto il neon in cucina,
Mariuccia drizzò di scatto il capo andato giù nel
sonno.
Sbadigliò. Si alzò. Uscì nel corridoio
e vi accese la luce.
Si fermò davanti allo specchio a figura intera: pagnottelle
sui fianchi e pancia... tali e quali, pur sotto l'ampio maglione nero e
i calzoni neri. Sospirò. Si tolse di tasca il collant e ne
calzò una gamba sulla testa. Vi infilò una mano a
scansare i capelli dalla faccia. Accomodò per bene sulla
spalla la gamba del collant vuota.
Spense la luce e tornò in cucina. Prese la spadina di Zorro
di suo nipote e il tegamino, preparati sul tavolo.
Attraversò il corridoio, verso la camera da letto, attenta a
non far rumore.
Sentiva Peppino russare. Si accostò al letto, al suo fianco.
Alzò le braccia: in una mano il tegamino e nell'altra la
spadina. Lasciò cadere il tegamino.
All'improvviso rumore Peppino aprì gli occhi e, nel chiarore
proveniente dalla cucina, distinse la nera figura brandente la lama.
Estrasse dalle coltri il braccio destro e le puntò la
pistola contro:
- Ti avviso che sono armato.
- Dove sono i soldi? - domandò Mariuccia facendo la voce
grossa.
- Ti avviso per la seconda volta che sono armato.
- I soldi o ti ammazzo - insisté la moglie agitando la
spadina di Zorro.
- Ci sono centosettanta euro nel... Basta - tirò fuori le
gambe, infilò le pantofole posando la pistola sul comodino,
si alzò e uscì dalla camera.
Mariuccia sfilò il collant, si chinò a
raccogliere il tegamino e lo seguì in cucina.
Seduto al tavolo, Peppino allungò la mano a prendere il
bricco e vi guardò dentro: un avanzo di caffè
c'era. Lo bevve e accese una sigaretta.
Mariuccia posò la spadina di Zorro e il tegamino sul tavolo;
sedette a sua volta:
- Be', però... ti sei controllato bene. Non hai sparato!
- Non ho sparato perché ti ho riconosciuta subito anche
stavolta.
- Mi riconosci perché già lo sai e non ti
spaventi. Devo farti paura quando non te l'aspetti.
- Dovrei allora tenere sempre la pistola scarica... E se intanto
vengono i ladri?
- E allora?
- Allora non lo so - sospirò Peppino - Se non sono armato e
arrivano i ladri... ci possono ammazzare. E se sparo al momento
sbagliato... Vedi quanti anni di galera si deve fare quello dell'ultimo
piano!
- I suoi ladri sono stati veramente bravi - considerò
Mariuccia annuendo con la bocca in giù - Lo hanno voluto
mettere nella paura e nella paura l'hanno messo.
- Eh... mica son ladri da niente! Sanno come fare per spaventarti a
morte.
- Lui ha avuto paura che lo torturassero come quelli del quarto piano.
- No, Mariù... Ha avuto paura che lo ammazzassero come
quelli del secondo piano. E non ha capito più niente. Tanto
era spaventato che non ha riflettuto che ormai stavano andando via. Ha
preso la pistola e ha sparato. Ma non si deve far così. Tu
sei la vittima... tu puoi sparare solo dopo esserti accertato che stai
proprio per essere ammazzato e solo nel momento quando stai proprio per
essere ammazzato. Se lo fai prima o dopo... non vale. Che ci sei stato
messo di proposito, nella condizione di non poter ragionare, non conta.
Lui ha fatto la brutta figura di aver sparato per le cose che gli
stavano portando via.
- Eh...! - sospirò Mariuccia - Un conto è
uccidere per prendersi le cose di un altro, e un conto è
uccidere per non far prendere le proprie cose. E' diverso.
Peppino lentamente scosse il capo:
- Mica sei un delinquente che se uccidi si capisce che non è
colpa tua ma... del coso... come si chiama? Ah! Il sistema.
- A proposito... Dopodomani è un anno che hanno ammazzato
quelli del primo piano. C'è la Messa. Quanto si fecero i
loro ladri? Non ricordo se...
- Rischiavano di farsi cinque mesi in carcere e un anno a casa -
rispose l'uomo - Ma spiegarono di aver ammazzato solo perché
si erano spaventati quando la signora svegliandosi aveva urlato, e si
son fatti un mese e mezzo. A casa. Ne hanno profittato per dare
un'imbiancata.
- Un mese e mezzo... Mmh... mezzo mese a morto.
- No. Un mese per il marito e mezzo per la moglie.
- E per il papà di lui niente? - stupì Mariuccia.
- Aveva un tumore. Sarebbe morto comunque.
- Ah... ecco.
Peppino spense il mozzicone nel posacenere e si alzò:
- Eppure devo farcela a mettermi paura! E' necessario che io impari a
riuscire a ragionare anche mentre sono spaventato a morte. Se no, che
gli dico al giudice? Che non ero capace di intendere e di volere in
quel momento? Io sono la vittima... per me non vale questo.
- Le ho provate tutte. Non so come fare per spaventarti. Tu mi
riconosci sempre.
- Ma che ci posso fare...! - allargò le braccia Peppino -
Forse non va bene il tegamino.
Tornati in camera, Mariuccia si toglieva i panni di scena. Il silenzio
fu interrotto da un tonfo.
- Cos'è stato? - chiese Peppino.
- E' sopra. Hanno cominciato a fare esercitazione pure loro.
- Cosa usano?
- Il vocabolario. Tanto il figlio è morto e non gli serve
più - alzò le spalle la donna.
- Non furono i ladri però... Fu messo sotto da un povero
ubriaco, vero?
- Macché! Lo ammazzarono i compagni, a scuola. Ragazzate.
FINE