- Eppure l’ho vista sparire qui - diceva l’uomo scostando le fronde di un cespuglio, nel bosco.
Il suo sguardo cadde vicino un grosso e marcio tronco a terra, sotto il
quale si scorgeva, tra le foglie secche, un lembo di panno:
- Venite! L’ho presa!
Mentre i compagni accorrevano, si chinò e dal cavo tronco trasse
fuori la ragazza che là aveva trovato nascondiglio, e che ora
gridava e si dibatteva per fuggire dalle tante mani che la tenevano.
- Lasciatemi! Lasciatemi!
- Quanto è magra…! Da quanto tempo non mangi?
- Vili… Lasciatemi… Il mio sposo vi farà uccidere tutti!
- Eh… che paura! - risero quelli - E chi è mai il tuo sposo?
- E’ un uomo ricco e potente. Lui mi aspetta e quando…
Richiamati dalle grida, giunsero al galoppo alcuni giovani messeri accompagnati da qualche servo:
- Che sta accadendo qui?
- Niente… Abbiamo trovato questa pulciosa… Si è spaventata sol perché ci ha visti…
Uno dei giovani tolse un piede dalla staffa a colpire l’incauto con un calcio sulla faccia:
- Nefandi… Che non vi ci colga ancora o vi farò impiccare. Chi è costei?
- Una bugiarda… - borbottarono quegli uomini arretrando per
dileguarsi tra gli alberi - Dice che è la moglie di un
signore… uno ricco…
I messeri risero:
- E ben avaro! Non ti fa mangiare, di’?
- E non ti veste?
- E ti manda per boschi?
Il cuore ancora impaurito e il respiro ansante, la giovinetta, cenciosa
e sporca, si passò il dorso della mano sul viso ad asciugare le
guance e il naso, e tenendosi diritta legnosa rispose piccata:
- Viaggiavo coi miei servi. Per raggiungerlo. Fummo assaliti dai
briganti e i miei servi furono uccisi… Io… riuscii a
fuggire…
I giovani, sempre in sella, si guardarono tra loro, dubbiosi.
- Diteci dunque… madonna… come si chiama il vostro sposo?
- Messeri, vi sono grata dell’aiuto ma… io… non intendo rivelare il suo nome.
- Ha davvero mentito - concluse uno.
- No… non ha mentito - intervenne un altro che fino a quel
momento aveva osservato e ascoltato rimanendo in silenzio - Sono io.
Lei è… E’ lei la mia sposa.
Ogni bocca si aprì nello stupore, solo restando serrata quella
di colui che così aveva parlato e che ora, gli occhi sulle
proprie mani, ne calzava meglio i guanti, consapevole degli sguardi
fissi su di sé. Ma ormai l’aveva detta. Si schiarì
la voce, guardò la ragazza:
- Perdonatemi, signora, di non avervi… subito… riconosciuta.
Parve riflettere, quindi balzò dal destriero e si accostò a prenderle le mani:
- Mia amata! Siete la benvenuta. Ma quale imprudenza mettervi in viaggio senza attendere che venissi io a scortarvi!
Restò a fissare le profonde screpolature e i graffi di quelle mani. Le lasciò. Si rivolse agli amici:
- In queste condizioni… non l’avevo subito… Insomma
ero nel dubbio se non fosse stato più opportuno darle modo di
rimettersi in bell’ordine prima di presentarla. Ecco.
Sospinse la ragazza e l’aiutò a salire sul destriero.
- Ma… messere… - mormorava perplessa lei.
- Tacete.
- Il mio fagotto! E’ rimasto sotto il tronco… - e fece per gettarsi giù.
- Che vi resti - soffiò tra i denti lui riassestandola su - Avrete nuovi panni. Ma tacete.
Le tirò la lacera e sporca veste a cercar di coprire la scarpa incrostata di fango e a pezzi.
Il ragazzetto suo servitore gli cedette il cavallo in proprio uso. Il giovane vi montò:
- Continuate pure la caccia senza di me, amici. Voi certo capite che ora devo portare a casa la mia sposa.
Allungò il braccio a far issare dietro di sé il piccolo
servo e, impettito, avviò il cavallo al passo, tirando per le
redini quello con la giovinetta.
Uscendo dal bosco a immettersi sulla strada di terra battuta, disse:
- Zinnio, voltati a guardare senza parere… Che fanno?
- Son rimasti fermi dove e come li abbiamo lasciati.
- Fra breve si riavranno e rinunceranno alla caccia per correre in città a dar la notizia.
- Messer Cosimo… - mormorò il ragazzetto - Che avete in mente?
- Che vuoi che abbia in mente? - rispose piano il giovane girandosi un poco a lui - Lo sai che mi necessita una sposa.
E si volse alla ragazza:
- Ce la fate a reggervi? Volete che andiamo con maggior lentezza?
- No… Mi reggo.
- Ditemi chi siete ma, per carità, non ripetete la storia del ricco marito e dei briganti.
- Messere… avevo mentito solo per cercare di salvarmi e
poi… ho mentito per non dover ammettere di averlo fatto…
per non esser derisa. La dama di cui ero serva morì e i suoi
beni furono divisi fra i creditori. Io fui mandata via. Da mesi cammino
senza aver trovato sistemazione, ma più peggiora il mio stato
più non vengo che scacciata.
- Ho notato, fin da subito, che vi esprimete con maniera.
- Ho imparato servendo colei che mi era padrona. Messere, se voi
poteste aiutarmi a trovare una casa in cui ci sia bisogno di… Vi
assicuro che posso ancora lavorare e…
- Per ora verrete nella mia casa… Vi resterete per un po’.
Ecco… Le cose stanno così. Quattro mesi fa partii per
acquistare alcune mercanzie per la nostra bottega. Al ritorno raccontai
a mio padre e a tutti di essermi sposato. Dissi di non aver potuto
condurre con me la sposa perché trattenuta da una zia ammalatasi
e che sarei andato a prenderla in appresso. Ora vi presenterò
come quella sposa: guarita la vostra zia, voi impaziente avete voluto
subito raggiungermi.
Si avvicinava il rumore di zoccoli al galoppo e presto furono superati
dal gruppo degli amici i quali, salutato Cosimo scrutando la sposa,
rapidi si allontanarono.
- Signore… in verità non ho compreso.
- Vedete… madonna… mi resi conto d’un tratto che, a
furia di parlarsene per la città, tutto aveva preso la piega per
condurmi dritto dritto alle nozze con la figlia di tal Gubbione e,
prima che fosse troppo tardi per tirarmene fuori senza creare offesa,
posi fine a tutto dicendo d’essermi sposato. Anch’io mentii
per salvarmi e necessita che continui a farlo. E ora prendiamo accordo:
voi vi chiamerete… Zinnio, quale nome dissi?
- Non lo ricordo.
- Come fai a non ricordarlo? E adesso? Vediamo… qual è il vostro nome?
- Caterina.
- Mmh… non era questo. E sia. Prendiamo l’accordo che vi
chiamate Caterina. Se qualcuno dovesse rammentare l’altro nome,
dirò che è il secondo. E per il resto… per il
resto… Per il resto proprio non ricordo cosa sono andato
raccontando. Miglior partito è quindi tacere.
- Sì, però… come potrei… Ecco… se qualcuno mi domandasse…
- Non direte nulla. Tacerete. Avete visto uccidere i vostri servi dai
briganti, vi siete salvata a stento, avete vagato da sola nei pericoli:
ce n’è abbastanza da essere ancora così impaurita
da restar nel silenzio.
- Ma…
- State dunque zitta!
E le consegnò le briglie. Ebbe una smorfia riguardandone le mani
malconce, le ritolse le briglie e le fermò alla sella, e
aumentò un po’ l’andatura a lasciarsi la giovinetta
alle spalle.
- Che te ne pare? - chiese a Zinnio.
- Un guaio, signore.
- L’hai pur detto tu stesso che si nutrono dubbi su questa moglie
che non mi decido mai ad andare a prendere. Sarei già partito e
tornato con la triste notizia della sua morte se la figlia di Gubbione
si fosse intanto sposata. Ma quella spera sempre di mettermi le mani
addosso, mio padre continua a pensare ai denari di Gubbione, Gubbione
continua a pensare ai denari di mio padre, tutti stanno ricominciando a
parlare di questo matrimonio e io sono ancora nel pericolo.
Procedevano piano. Cosimo col suo servitorino, avanti; indietro di poco, Caterina.
- Zinnio… tu taci, eppure io sento che brontoli.
- Ne avete combinata un’altra delle vostre, messer Cosimo.
- Non giudichi invece che tutto possa andare a posto?
- Ma voi raccontaste di aver sposato una fanciulla bellissima!
- Dissi questo a mio padre… alla gente di casa… a qualche amico…
- Non c’è un solo sasso a cui non siate riuscito a far
spuntar le orecchie pur di rifilargli le lodi delle bellezze della
vostra sposa. E costei…
- Non ti pare gran cosa?
- In verità… In verità no, signore.
Il giovane si volse a guardarla:
- E’ solo ossa… E’ stremata dalla fame… Comunque non si può dir che sia brutta.
- Proprio brutta no… Ma non solo non è bellissima: non
è nemmeno bella. E non lo sarà neanche quando
l’avrete rimpolpata. Non c’è in lei niente della
fanciulla che la città attende.
- Me dannato! Me e quando comincio a contar frottole. Ma mio padre si
infuriò talmente…! Mi mandò a comprar le mercanzie
e gli tornai sposato… mi sarei infuriato anch’io! E non mi
venne altro da dire che di aver perso la testa per divina bellezza.
Bisognava pur che giustificassi la passione che mi spinse ad affrettate
nozze! E poi sai dirmi tu quale uomo, dovendo inventarsi una sposa,
l’immaginerebbe men che bellissima?
- Sì, questo lo capisco, ma non capisco come vi sia venuto in mente di far ricorso a costei.
- La sua menzogna aveva coincidenza con la mia e dunque ho colto l’occasione.
- Io ho il dubbio che vi sia piaciuta.
- Quell’animale sul mio cavallo?! Uhm… è senza meno
fanciulla a modo e di forte indole, non l’avrei altrimenti
scelta, ma non è certo tale da indurmi in precipitoso e
irragionato amore. Non la vedi forse?
- La vedo, la vedo… - disse Zinnio volto indietro.
Anche Cosimo si girò a lanciare di nuovo un’occhiata:
- Non fare esagerazione. Adesso è sporca e coperta di stracci. Non è poi proprio male…
- No… anzi… direi quasi… insomma…
- Al diavolo! O costei o la gubbiona.
- Datemi retta… Molliamola e vediamo se ne troviamo un’altra.
- Zinnio, a volte davvero mi lasci nello stupore più di quanto
non faccia io stesso. Quante donzelle vedi da qui a casa che non
aspettano altro che di esser mia moglie solo per finta? Infine questa
l’ho presa giusto per fame, paura e sfinimento… e se non
ci metto polso rischio pure che se ne vada. Inoltre ormai ho detto che
è lei dinanzi a testimoni.
- Vi burleranno per aver mentito sulla sua bellezza. E vi resterà la nomea di mentitore.
Il giovane stette per un po’ muto a pensare e quindi dichiarò:
- Ebbene, sai cosa farò? Manterrò il punto: essa è
bellissima. Nessuno mai riuscirà a farmi dire che non lo sia. E
ognuno si spiegherà la cosa come cecità d’amore.
- Meglio passare per innamorato che per mentitore - approvò Zinnio.
- E nessuno è più mentitore di un innamorato - concluse Cosimo.
Erano quasi giunti alla città. Il giovane si affiancò a Caterina.
- Signore… ancora vi ringrazio ma… io vorrei…
- Vi ho detto di tacere. Mi stupisce che non obbediate a vostro marito.
- Messere! Insomma…!
- Sentite… Io già sono nel pentimento e sto pensando che
farei meglio ad accordare ad altra fanciulla la preferenza.
Perciò se non state zitta vi riporto là dove vi ho
trovata e vi ci lascio. Quei miserabili sapranno apprezzare il vostro
ritorno.
Caterina chiuse subito la bocca e se ne stette accigliata e diritta, a
manifestare così la propria indignazione. Cosimo sbuffò:
- Non siete che una stracciona. Ancora un giorno e vi ammalerete per la
fame. E presto ne morirete. Vi offro l’agio di abitare per un
po’ in casa mia e di esser servita. Sarete nutrita. Potrete
rimettervi nelle forze. Vi darò pure dei denari. E nuovi panni.
Mi par che vi convenga!
Ormai alla porta della città, guardavano la strada affollata per il mercato settimanale.
- Nessuno avrà dato credito a quel che i vostri amici avran
detto - bisbigliò Zinnio - Di certo tutti aspettano ancora di
veder la vostra bellissima sposa.
Cosimo strinse le labbra:
- E la vedranno!
Si protese a prendere la mano di Caterina tenendola un po’ verso
l’alto e, mirando il volto della sua sposa con occhi traboccanti
estasi, fece trionfale ingresso, avanzando fra la gente che ammutoliva
via via.
Giunti alla casa, vi entrarono fra i servi usciti a fare accoglienza, e là fuori rimasti impietriti.
- Che fate là? Rientrate - li richiamò il giovane e
aprì l’uscio che dava nella bottega ad affacciarvisi,
subito richiudendo - Dov’è mio padre? Ti ho chiesto
dov’è mio padre!
- E’… all’uliveto. Ho già mandato a chiamarlo… con la notizia… signore.
- Voi tre! - si volse Cosimo alle serve radunandosele accanto - Aprite
bene le orecchiuzzole. La mia sposa è stata derubata di tutto,
ha fatto lungo cammino da sola ed è ancora nella paura.
Curatela. Lavatela. Mentre l’acqua si scalda, fatele mangiar
qualcosa… ma poco o starà male. Un poco alla volta. Non
fatele domande che non deve parlare… è stanca. Vestitela.
E badate: che siano vesti degne della sua bellezza.
- Sì… sì… certo… subito… Venite con noi… madonna...
- Subito… sì… poverina… Io vado a metter l’acqua a… Quali vesti…?
- Quali vesti, signore? A parte noi, non ci son donne in questa casa.
Cosimo allargò le braccia:
- Abbiamo una bottega colma delle sete più belle, dei broccati più…
- Avete bel tempo! Sete e broccati devono esser prima tagliati e cuciti… se volete che abbiano forma di vesti.
- Già… Allora… mettetele qualcosa di vostro. Mia
signora, son certo che perdonerete e domani si provvederà. Poi
tu va a cercare nella bottega… veli… ornamenti…
quel che si può metter sopra per aggiustar meglio.
Copritela… sì… voglio dire… adornatela. Per
le scarpine… forse un paio delle tue? Andate dunque. E
trattatela con attenzione… è sfinita… ed è
ferita da numerose graffiature. Perciò usate gentilezza o vi
faccio provar la frusta.
- Messer Cosimo! E non avete niente di meglio da farci provare?
- La spennatura! Svelte donne! Ho da presentarla a mio padre e poi ci
saranno visite. E non vi mettete a farle allusioni indecenti. Andate,
andate… Zinnio!! Tu no.
Lo prese per la collottola a metterlo fuor dell’uscio e vide arrivare suo padre:
- Cosimo! Son subito tornato appena avvisato. Vediamo dunque la
bellissima sposa, colei che ti ha tolto la ragione al punto da farti
arrecare offesa a tuo padre. Be’… dov’è?
- Padre, l’ho affidata alle cure delle donne… Ha bisogno di riaversi…
- Sì, sì... ho saputo. Poverina… lasciala
riposare. Io posso aspettare. Che imprudenza partire
così… La colpa è tua che hai troppo atteso. Te lo
dicevo di andare. Il tuo indugiare mi aveva finanche indotto nel
sospetto che avessi mentito. Dunque è giunta… Son
contento. Ma bada che sono ancora risentito: il matrimonio del mio
unico figlio celebrato senza ch’io fossi presente. Sebbene
invecchiato, però, son uomo anch’io… e so bene come
la bellezza possa farci perdere il lume. Eh…! La tua povera
madre, pace alla sua anima, mi fece perder la testa pur se non era
bella come tu dici della tua sposa. E dimmi… ha portato quanto
doveva?
- Quanto doveva…?!
- La dote… I denari della dote!
- Purtroppo ne è rimasta priva. I briganti che hanno…
- Che?! Nessuna terra, dicesti. Solo una dote in denaro… e ora nemmeno quella?!
- Volete forse che la mandi via sol perché privata della dote?
- No, no… c’è un sacramento… per
carità…! Ma davvero, figlio mio, mi lasci sempre
più deluso. Non reca dunque altro che la bellezza. Mi
contenterò… Avrò bei nipoti.
Nel camicione da notte, Cosimo spingeva fuor della camera le serve, e per una che riusciva a scacciare un’altra rientrava:
- Andate via… Non ci occorre altro. Via… via… Andate… Sciò…!
Finalmente poté chiudere l’uscio. Dubbioso girò a
controllare per la stanza, si chinò tra una cassapanca e
l’angolo della parete traendone per i panni Zinnio, e così
tenendolo lo trascinò e lo buttò fuori. E serrò
l’uscio.
Guardò Caterina che, in piedi nel proprio camicione, girava gli occhi sul pavimento:
- Che cercate?
- Io…dove dormo?
- Dormirete là nel letto. Io mi sistemerò sulla sponda e
voi nemmeno vi accorgerete che ci sono. Non c’è che
dormire là, ma è letto ben ampio… venne messo al
posto di quel che avevo, quando dissi di essermi sposato. Scegliete da
quale parte volete stare e coricatevi, così spengo le candele.
- Siate gentile… Datemi qualcosa di cui far giaciglio a terra.
- A terra…?! Ma domani le serve… No no no…
Dobbiamo per forza dormire tutti e due nel letto. Mi spiace ma non vi
posso contentare. Gli sposi dormono insieme.
- Ma noi non lo siamo per davvero.
- Via, signora… non siate pignola. Siete senza più forze
e state a crearmi problemi invece di riposare. Vi ho detto che mi
terrò discosto. Scegliete da quale parte volete mettervi e
coricatevi.
- Io con voi non mi corico.
- Volete capire che non c’è altra via? Ora non fatemi
adirare o io… Siete ingrata. Io non vi ho lasciato far la figura
di bugiarda davanti ai miei amici e ho favorito voi trascurando tutte
le altre fanciulle che sarebbero state ben felici di aiutarmi. E voi
venite meno all’accordo?! Vi ripeto che non dobbiamo che dormire.
- Io con voi non ci dormo.
- Mi state recando offesa! Dunque mi stimate alla stregua di quei vili!
- Io… voglio andare giù… a dormire sulla paglia che sta nella cucina.
- Ma non potete! Dannazione! Per me sarebbe la rovina! Voi dovete restare qui!
- Io voglio andare a dormire nella cucina.
Cosimo rifletté un poco. Cambiò registro:
- Siate buona… Ve ne prego! Se non dormite qui, l’inganno
verrà scoperto e tenuto in conto di burla, tutto tornerà
come prima e… io finirò nelle mani della gubbiona. E per
me non sarebbe meno orribile di com’è stato per
voi… quando vi siete trovata nelle mani di quei miserabili.
Vedendo gli occhi di Caterina impietosirsi, pur se spalancati nello
stupore, inclinò il capo di lato così lentamente da
trascinarla nello stesso gesto, intanto aggiungendo piano:
- Io… ho… paura…
E restarono fermi, sospesi in quel gesto.
- Va bene… dormo qui - disse infine Caterina e si avviò
alla parte del letto verso la finestra, sollevò le coltri dalla
fiancata così scoprendo i bordi dei materassi sovrapposti,
afferrò il pagliericcio sottostante e con gran fatica
cominciò a trarlo fuori.
Cosimo si accigliò:
- Non sperate ch’io vi ceda il letto e mi adatti a dormir sul
pavimento. Parola mia, non lo farò. Né per stanotte
né…
- Ci dormo io, signore. Ho sempre dormito a terra.
- Al diavolo! Scansatevi - e furioso estrasse il pagliericcio lasciandolo cadere sul pavimento.
Restò a guardarla che ci si rannicchiava ritirando sotto la camicia i piedi nudi ed escoriati.
Stizzito aprì una cassapanca a prendere una coperta, gliela
buttò con mala grazia addosso, spense rapido tutte le candele
sparse per la stanza dalle fantasiose serve e si coricò.
- Messer Cosimo… posso parlare?
- No.
- Mi fissano tutti. I vostri servi… vostro padre… la gente venuta in visita …
- E’ solo per curiosità. Siete stata lungamente attesa. Non badateci. Basta che stiate zitta.
- Sì, sto zitta.
- Ecco, state zitta. Io ho da pensare a come potrò giustificare il vostro barbaro modo di dormire.
Rimasero un po’ nel silenzio, quindi Caterina disse:
- Vorrei domandarvi… Per quanto tempo si dovrà recitare la commedia?
- Fino a che la figlia di Gubbione non sia sposata, il che sarà
fra breve… Uno o due mesi. Ora che vede ch’io davvero ho
già una moglie, si deciderà per qualcuno di quelli in
lizza. Dopo le sue nozze, noi partiremo insieme per un viaggio di svago
da cui io tornerò vedovo.
- Volete… uccidermi…?
- No davvero… Cosa dite?! Ve ne andrete per la vostra strada e
io me ne tornerò per la mia. E racconterò che siete morta
in viaggio. Tutti verranno a compatirmi… Mio padre mi
concederà di non lavorare forse per un intero mese e certo mi
farà dono di un bel po’ di denaro… Io sarò
inconsolabile per un po’ di tempo… - sbadigliò -
… e infine me ne farò ragione.
Tacquero alcuni minuti. Poi Caterina ancora disse:
- Vorrei farvi un’altra domanda, signore…
- Io ho da far la fatica di prender sonno nello scomodo in cui avete
ridotto il mio letto, signora. Invece di procurarmi aggiunta di
fastidio con le vostre domande, cercate di star nel rimorso.
- Va bene. Vorrei chiedervi… Perché la figlia di quel messer Gubbione vi fa paura? E’ tanto brutta?
- No. Anzi! Ma non mi piace.
Dopo lungo silenzio Cosimo continuò:
- E poi… volete sapere un fatto strano… che mi ha proprio
spaventato? Non l’ho mai detto a nessuno… Ebbene, quando
tutti non facevano che parlare di un matrimonio fra me e lei, io la
sognavo ogni notte e sempre ogni volta la sognavo che piangeva per me.
- Oh… ma questo… era un bel sogno! Non vi deve
spaventare. Forse significava che sentite che vi ama… che
patisce per amor vostro… per voi.
Il giovane si sporse ad affacciarsi dal letto, a scrutare sul
pagliericcio nel vago chiarore della luce lunare che filtrava tra le
assi delle imposte. E precisò:
- Sognavo che piangeva per me morto. Ora ditemi se un uomo può desiderare di sposare la propria vedova.
- Cosimo!! Figlio snaturato… Dove sei? Fa ch’io ti trovi…!
- Eccomi. Son qui, padre. Che ho fatto?
- Quale storia è questa? Le serve parlano di un pagliericcio a
terra e ogni mattina trovano il letto tale che è evidente che ci
ha dormito uno solo. Tu… per essere esatti. Perché fai
dormire Caterina sul pavimento?
Il giovane sospirò profondamente:
- Vi assicuro che non è per mia volontà. Voi sapete che
ella ha corso gravi rischi nel venir qui. Ebbene, aveva fatto il voto
che, se fosse giunta salva, avrebbe dormito sul pavimento per…
per un certo tempo.
- Mmh… Ma le serve dicono che né il letto né il
pagliericcio hanno finora avuto modo di… ospitarvi insieme.
Avete dunque… sospeso… il matrimonio. Che sta avvenendo?
- Ahimé, padre mio: il suo voto comprende la rinuncia a me… per un certo tempo.
- E si può sapere quanto ha da durare questo certo tempo?
- La fine le sarà indicata in sogno.
- Mai udito nulla di simile. Dunque… così… tanto
per riassumere: niente casato, niente dote, niente nipoti e…
niente bellezza…
- Come dite…?
- Quella bellezza di cui tanto parlasti… direi che…
- Ah…! Avete visto come ne è colma? Ella ne risplende a
tal punto che a guardarla mi sento d’improvviso cieco.
Il padre restò a fissarlo. Poi disse:
- Come io nell’udirti mi sento d’improvviso muto…
Son senza parole, figlio mio. Non so se sentirmi gabbato da te
o… graziato dal Cielo per avermi mandato nuora colma di tali
virtù da apparirti simile a dea.
- Apparirmi simile…?! Lei è una dea. Nessuna stella del
firmamento può dir di sé di aver più luce dei suoi
occhi e nessuna rosa può vantare petali più dolci della
sua pelle e quale paragone potrei usare per dir della sua bocca
così…
- Sì, sì… Basta… Non andare oltre. Non sta
bene. Mi è chiaro che l’ami di irragionevole passione.
Vai, ora, togliti dalla mia vista. Ah, se quella santa donna di tua
madre fosse stata un po’ più santa e avesse fatto
anch’essa di codesti voti…! Son pentito di averti
generato, quasi quanto Nostro Signore è certo pentito di aver
creato l’uomo.
Urtandosi a passare tutte insieme per la porta, le serve entrarono festose:
- Signora! Il vostro sposo vi manda queste sete affinché scegliate per una nuova veste.
- Guardate come son belle!
- Ma… ho già avuto bastanti vesti…
- Messer Cosimo dice che nulla è troppo per voi!
- Ah signora, come siete fortunata! Voi godete dell’amore che raramente a fanciulla toccò.
- Cosa dici…?
- Dico ciò che ognuno dice! Messer Cosimo vi ama come mai uomo ha amato.
- Allora? Quale colore vi piace?
- Non so… Queste sete credo siano… troppo costose…
- Ma è lui che ha voluto le più preziose! Per voi!
- Scegliete… Non dategli un dispiacere! Avreste dovuto vedere
come era triste il suo volto quando esprimeva il dubbio che non si
addicano alla vostra bellezza.
- Via, finiscila… So bene che la sorte non mi ha concesso bellezza.
- Messer Cosimo dice che siete bellissima.
- Così… dice?!
- E ve ne stupite? Non lo dice anche a voi stessa? Di certo ve lo
dice… Ed è certo la vostra modestia che non vi fa
cogliere le sue parole.
- Forse è per via del voto? E’ così, signora? Per
poter resistere a tener fede al vostro voto, non lo ascoltate. E’
così?
- Quando sognerete di poter mettere fine al voto? Aver per marito un
giovane così preso d’amore e rinunciarvi! Ah…! Voi
state lasciando in ispreco la grazia di Dio.
- E che parole ardenti egli usa per voi!
- E come ha detto quando parlava di questi colori? Sì,
ecco… Ha detto che qualunque colore sarebbe stato spento dal
vostro fulgore.
- Hai mal udito… Non può aver detto questo… Io non ho fulgori.
- Ma lui vi guarda con occhi innamorati! Voglio dire… non che io
pensi che voi non siate… Voi siete certo graziosa…
sì… insomma… anche se non come lui dice…
Oh, ma questo non deve darvi dispiacere: ciò è segno
d’amore e significa che lui vi vede col cuore dentro gli occhi.
Tutta la città ne è commossa. Non si parla che di questo.
Caterina si volse a guardar dalla finestra giù nel cortile, dove
Cosimo e Zinnio sistemavano su un mulo alcune merci da portare a un
cliente.
- Zinnio… mi par che ella mi abbia sorriso. Non posso
crederlo…! Di certo ho mal visto per via del sole. E’
sempre così dura e ispida. Strano animale quella fanciulla.
- Continua a tenersi fuori del letto, signore?
- Come osi? Sei sfacciato, Zinnio.
- E’ cosa di cui stanno ragionando tutti.
- E che se ne dice?
- Che siete stato marito poco accorto: avendo sposato una fanciulla
tanto pia, avreste dovuto provvedere a darle una lista dei voti che
può fare e di quelli che non deve fare. E madonna Bice vi manda
a dire che lei non ha fatto voti.
- Per ora non ci posso tornare, Zinnio - sospirò Cosimo
assicurando il carico con una corda - Non posso lasciar la mia sposa
senza compagnia mentre ella è nel sacrificio del suo voto.
- Messer Cosimo…! State parlando con me… e io so come stanno i fatti.
- Mi son confuso, Zinnio… Mi son confuso. Su, monta e va a far la consegna.
- Comunque… per madonna Bice… se mi date un po’ di
broccato di cui farle dono, vado io al posto vostro, tanto per mantener
la relazione per quando sarete vedovo e vorrete tornarvi.
- Moccioso presuntuoso! Se hai tanta voglia di servirmi, muoviti a far la consegna. Va!
Nel quieto lume di una candela, Cosimo se
ne stava affacciato dal letto a chiacchierare con Caterina quando
sentì bussare. Si alzò ad aprire e, tenendolo indietro a
impedirgli di ficcar dentro la testa, ascoltò quanto Zinnio
aveva da dirgli. Richiuse l’uscio e corse a buttarsi di traverso
sul letto tornando a sporgersi sul pagliericcio:
- Buone nuove: la gubbiona si sposa. Sono salvo. E voi fra breve sarete libera.
- Ne son contenta.
- Ne siete contenta?! State… così male in questa casa?
- No, ma non è facile star nell’inganno. E poi…
vostro padre è gentile con me… e io non riesco più
a sopportare questo.
- Non vi capisco… La gentilezza è cosa da sopportare?
- Ah, come non capite ch’egli sta nutrendo affetto per me? Avrà a dispiacersi.
- Ma perché le faccende si complicano sempre? - sbuffò
Cosimo - Bisogna affrettare. Voi siete ormai in salute e appena
celebrate le nozze della gubbiona partiremo subito. Pensate intanto
dove volete che vi accompagni. Vi darò il denaro promesso e
potrete tenere anche le vesti e i monili. Io invece intanto
penserò a quale potrebbe essere la vostra morte. Intendo quella
di cui dovrò raccontare.
- Mi darete solo il denaro. Per far la serva non vanno bene sete e monili.
- Ho capito… Non vi hanno fatto piacere. Allora vi provvederò di panni modesti.
Accoppò la candela e si accomodò nelle coltri:
- Quando tornerete a dormire sotto i cespugli, o di nascosto in un
ovile o in un pagliaio, sarete ancor più contenta: è a
quelli che siete abituata. Ecco perché preferite starvene a
terra come un animale… invece che qui. E io sarò contento
di riavere il pagliericcio di cui mi avete privato.
Trascorsi parecchi minuti, Caterina disse:
- Messer Cosimo, se non dormite ancora… da lungo tempo vorrei farvi una domanda.
- Stavo infatti dormendo. Avendomi ormai destato… domandate pure.
- E’ vero che dite a tutti ch’io sono assai bella?
- Sì. Certo. E’ vero.
- Perché lo dite?
- Perché lo dico…?! Perché… perché lo siete.
- Lo sarei, ai vostri occhi, se voi mi amaste.
- Amarvi? Io? No di certo.
Quindi Cosimo si scostò le coltri e tornò ad affacciarsi:
- Signora! Siete forse presa da qualche strano desiderio?
- No… No di certo.
- Mmh… Non vi garba di esser sincera. Allora diciamo
così: state forse pensando che vi piacerebbe di sposarmi per
davvero?
- Voi vi state disponendo ad inventare la mia morte, signore… E io come potrei desiderare di sposare il mio vedovo?
- Chiudo perché ho da parlarti,
figlio mio. Tanto è quasi l’ora e non verrà
più nessuno. Ecco fatto. Prima che rientriamo in casa…
voglio parlarti. Anzi, ho da farti rimprovero. Sediamoci qua. Siedi
dunque! Così. Vedi… io ho molto riflettuto e credo di
aver capito. Tu mi hai dato un grande dispiacere. Quando tu e Caterina
partiste in viaggio, benché nel sospetto, non avevo ancora
compreso quale necessità ci fosse di far quel viaggio.
- Quale necessità mai poteva esserci? Volemmo far quel viaggio per svago e…
- No… che svago. E fu la tua insistenza a voler portare solo Zinnio con voi che aumentò in me il sospetto.
- Ma che sospetto infine…?
- Lascia stare. Ormai non ho più sospetto. Ormai ho certezza. Ho
riflettuto e credo d’aver capito tutto. Quella faccenda del
pagliericcio sul pavimento proprio non mi …
- Ma vi spiegai che era per via del voto che…
- Ssst… non mentire ancora. Se ti sto dicendo che ho
capito…! Che voto e voto… Tu non ti eri sposato affatto!
Ho ragione?
- Ebbene… Sì.
- Finalmente un po’ di verità. E tutto per evitare di
sposar la gubb… la figlia di Gubbione. E nemmeno nella menzogna
avesti ritegno! Riuscisti a far parere una scopa ogni sposa di questa
città per quel che dicevi delle bellezze della tua! Poi
raccogliesti una disgraziata e ci gabbasti tutti, e riuscisti a far
parere facile e fatuo ogni altro amore in confronto al tuo.
Ssst… Taci! Non dir nulla. Non hai da spiegare visto che ho
capito da solo. E ho capito pure per qual ragione ve ne partiste e cosa
è davvero accaduto in quel viaggio così breve. Tu mi hai
dato un grande dispiacere.
- Io…
- Tu sei uno sciagurato! Mi hai addolorato. Non dovevi commettere
simile azione. Un viaggio per svago! Che svago e svago… Voi
partiste per andare a sposarvi in luogo lontano, in qualche chiesetta
sperduta o in un monastero, per celare di non averlo fatto di
già. Ecco perché partiste!
Si alzò a camminare arrabbiato per la bottega:
- Per la seconda volta mi hai escluso dalle tue nozze!!
Sollevò dal banco il libro dei conti e ve lo sbatté:
- Per la seconda volta! La prima… non ha importanza…
niente di vero. Ma come hai potuto escludermi dalle nozze vere? Avevi
pur visto quanto mi offendesse non esservi presente! Mi hai dato un
dispiacere troppo grande. Capisco che eravate ormai nella
necessità di celebrarle di nascosto, ma avreste potuto
confidarvi! Che avrei compreso lo sapevi. Sarei partito con voi e avrei
mantenuto il segreto.
- Avremmo fatto così senza meno, però… quando
partimmo non sapevamo che ci saremmo sposati. Ma proprio non ero
riuscito ad inventarmi che Caterina… e quindi… E non
volevo che dovesse di nuovo vagare sola… e forse patire ancora
la fame. E poi… già mi mancava.
- Aspetta… vedo che ho dell’altro da capire. Che significa
tutto ciò? Cosa non eri riuscito a inventarti? E che significa
che non lo sapevate? Allora… tu hai atteso le nozze
della… e… Cosimo!! Eri dunque partito col proposito di
lasciar Caterina da qualche parte?! - e senza attendere conferma gli
lanciò il libro dei conti addosso.
- Io… spero che mi perdoniate, padre mio - mormorò il giovane raccogliendo il libro schivato.
- Tu speri? Tu ne sei certo! Non faccio che perdonarti. Ho cominciato
da che, appena nato, come prima cosa mi bagnasti l’abito. E da
allora non ho più smesso. Basta. Acqua passata. Ciò che
conta è che il pagliericcio non stia più sul pavimento.
Gli sedette di fronte:
- Ma ora io voglio una soddisfazione da te. La voglio. La pretendo!
Anzi…guarda… nemmeno la pretendo. Te la chiedo per
grazia, figlio mio… e con preghiera.
Gli poggiò le mani sulle ginocchia:
- Lo sai che mi è cara e che una figlia non l’amerei di
più. E’ di animo gentile… e ti è così
devota da farti parer meritevole di devozione. Poi lavora bene…
sa fare nella vendita… No, non la cambierei con nessuna. Non si
discute. La questione non riguarda lei, ma è fra me e te.
Vedi… io capisco che con gli altri tu voglia… ma con me
non è il caso. Dà questa piccola soddisfazione a tuo
padre…! Resterà fra noi. Giuro. Una soddisfazione piccola
piccola. Ammettilo, via…! Ammettilo… Voglio sentirti dire
per una volta… una sola volta… a bassa voce…
voglio sentirti dire che ella è soltanto passabile.
- Di chi parlate?
- Di tua moglie! …Sciagurato figlio. Com’è?
- Oh… è bellissima.