LA STRADA
Sono nato in questa strada, una via ampia che scorre dritta, un senso procede a sud verso il
mare e sincrocia con lampio lungomare sempre trafficato ad ogni ora del giorno. I giardini non sono più curati come nel mio quartiere ed alcuni
sono addirittura abbandonati: qualche abitazione ha nientemeno che due assi incrociati sopra le porte e le finestre. I negozi hanno tutti le saracinesche abbassate ed alcuni carrelli
da supermercato, arrugginiti, giacciono rovesciati accanto alle
porte dingresso. Passanti furtivi mi guardano di sottecchi e girano veloci gli
angoli, un uomo strattona una giovane ragazza e la conduce a
forza in un portone, nessuno sembra notare niente dinsolito
e la ragazza vistosamente si ribella, ma non emette un solo
suono. È giunta la notte, parcheggio lauto e mangio della frutta,
lì vicino cè uninsegna tremolante BAR, mi farò un caffè poi dormirò nellauto e domattina andrò ancora più
avanti.
La prima scuola, i primi amici, la chiesa che i miei frequentavano, i negozi nei quali si faceva la spesa, il cinema,
tutto si snodava lungo la strada, anche il circo ed il luna park che ogni anno montavano le loro tende ed i loro stand, arrivavano
da questa via e a lato di essa si fermavano per poi ripartire.
Andai poi alle scuole superiori, usando la metropolitana che portava in centro, finite le scuole trovai un lavoro, sempre in
centro, ed ho costantemente usato la metropolitana per questi
spostamenti quotidiani.
Lauto lusavo solo la domenica, per raggiungere il lungomare e talvolta proseguivo per chilometri e chilometri lungo
la costa finchè non trovavo un tratto di mare adatto ad i miei tuffi.
Sono adesso in pensione ed abito ancora in questa stessa via,
lho già detto, un chilometro più a nord da dove sono nato, talvolta incontro alcuni dei miei vecchi amici
dellinfanzia.
Guardo non verso il mare ove la strada finisce, ma verso nord ove
la via prosegue e non so fin dove.
Ho esplorato un pezzo di essa da ragazzo, solo da ragazzo, poi non sono mai più tornato al nord. Sono passate diecine di anni
da allora, sicuramente tutto sarà cambiato.
La direzione nord della strada mi attira sempre più, è una calamita che ruba tutti i miei pensieri, mi richiama ogni giorno
più prepotentemente.
Ho finalmente deciso dimboccare nuovamente quella via, voglio vedere ove sbocca, sono sempre più curioso, anche perché
nelle carte che ho consultato, la strada sembra interrompersi a soli dieci chilometri dalla mia abitazione, cosa che so non vera
poiché con le esplorazioni in bici arrivammo ben oltre.
Ho riempito lauto di viveri, acqua e taniche di benzina, ho caricato la mia vecchia bici sul portabagagli ed ho girato la
chiavetta daccensione.
Parto lentamente in direzione nord: osservo come fosse la prima
volta il luogo ove abito, quanti ricordi saffastellano
confusi nella mente, volti di donne e di bambini, interni di case
e di negozi, fiori sbocciati, danze, cerimonie liete e
tristi
Sfilano palazzi signorili a cinque sei piani, foderati in
travertino, in preziosi tasselli di ceramiche colorate e marmi, per proteggerli dal salmastro nei giorni di vento, coi giardini
ben curati, le siepi di pitosforo recentemente sforbiciate, le rose le buganvillee, gli oleandri in fiore, larghi marciapiedi
con alberelli ornamentali, qualche severo pino maremmano nello sfondo, lampioni e panchine a distanze regolari, le auto lucenti
parcheggiate in fila accosto ai marciapiedi.
Allimprovviso cè poi uno slargo di verde, un grande giardino pubblico, ove spesso andavo, con siepi e panchine,
giochi per ragazzi ed un laghetto coi cigni. Scorgo giovani che corrono ed anziani seduti immersi nella lettura.
Proseguo e salgo il cavalcaferrovia: sotto passano rotaie sulle quali i treni sfrecciano veloci. Dal cavalcaferrovia vedo il
grande centro commerciale ed i negozi che lo circondano.
Mi fermo proprio in cima al cavalcaferrovia e scendo dallauto, la strada è grande e non intralcio nessun altro
mezzo, guardo verso il mare e scorgo il mio condominio e più lontano la casetta ove sono nato che adesso è stata
ristrutturata e trasformata in villetta. Poi leggermente a sinistra cè lentrata della metro, più lontano la
riga brillante del mare.
Riparto nella mia direzione e mi fermo al semaforo che trovo allincrocio con la statale. Il semaforo è rosso ed io
aspetto pazientemente senza spegnere il motore: la statale è molto trafficata e file di auto multicolori sfrecciano veloci
nelle due direzioni. Attendo: infine il semaforo passa al verde, parto veloce perché so che nella mia direzione il verde dura
solo un attimo e non di più. Vedo infatti la massa delle auto che di malavoglia sè arrestata, negli abitacoli i
conducenti nervosi sgasano con rabbia e ripartono facendo stridere le gomme quando io non ho ancora finito
dattraversare la strada.
Proseguo e per qualche chilometro tutto sembra essere uguale a dove io abito. Più avanti però le case non sono foderate di
pietra ed hanno lintonaco scrostato, si fanno sempre più brutte, più maltenute, sembrano anche più antiche, ma questo
non è possibile, perché quando passavo qui da ragazzo queste abitazioni non cerano ancora.
Sono adesso in un agglomerato ove le case si stringono fitte ai lati della strada. Parcheggio e scendo per fare un giro. Gli
appartamenti sono ora a due, tre piani, i giardini qui non ci sono, ma corti sterrate utilizzate come parcheggio dalle auto.
Alcune macchine sembrano abbandonate da tempo, sono coperte di cocci e di ruggine.
La strada è attraversata da innumerevoli fili metallici, del
telefono, della luce e chissà daltro.
Turbato risalgo in auto e riparto, voglio andare avanti, ancora più avanti.
Mangio un panino imbottito e bevo birra mentre lauto prosegue, ed i venti chilometri previsti da quella stupida
cartina sono già stati abbondantemente superati da altri venti e la strada prosegue ancora chissà per quanto.
A piedi faccio i cento metri che mi separano dal bar, entro da una cigolante porta a vetri, linterno è poco illuminato e
alcuni avventori, vestiti come operai del secolo scorso se ne stanno giocando a carte con mezzette di vino rosso e calici
squadrati davanti.
Per terra allingresso cè una sputacchiera, le avevo viste solo nei vecchi film, cerco di non guardarla ed entro in
questambiente estremamente fumoso.
Sì, il fumo qui è a strati, cè odore di sigaro e di pipa, cè anche odore dorina, e mi ricorda che devo andare al bagno.
Mi avvicino al bancone di legno, è lurido, e chiedo al barista che indossa una giacca che sicuramente molto, molto tempo prima
era bianca, un caffè.
- Corretto?
- No, semplice.
Prendo il caffè, lo zucchero e mi siedo ad un tavolo vuoto. Cè una porticina ed una targhetta LATRINA, mi
alzo, ci vado. E un bugigattolo puzzolente con un foro circolare per terra su un lastra di marmo lurida ed un
tappo anchesso di marmo con una maniglia metallica: mi arrangio mentre lodore di ammoniaca si leva
da quel foro nel pavimento, poi ritappo il buco ed esco.
Al mio tavolo cè un ragazza seduta, mi siedo accanto al mio caffè e la guardo: è sudicia ed ha alcuni denti cariati, è
giovane, ma sento che pure puzza di sporco.
La ignoro, bevo il caffè, poi mi accendo una sigaretta, lei prende una delle mie sigarette e laccende.
Seguito ad ignorarla e mi guardo attorno: sembra unosteria
del 1900, anche la macchina del caffè è enorme e in ottone di quelle con gli stantuffi, pure gli avventori sembrano piovuti da
quel secolo.
Nessuno presta la pur minima attenzione al sottoscritto, neppure la lurida ragazza che è seduta al mio tavolo e che sta con
piacere assaporando la sigaretta che mi ha preso. Vedo un quotidiano piagato su una sedia poco distante, lo prendo per
sfogliarlo.
È scritto in alfabeto cirillico, meravigliato lo riposo, cè un mazzo di carte, mi faccio un solitario, poi un altro
e questo lo risolvo.
La ragazza seduta ha finito la sigaretta e la spenge dentro la tazza vuota del mio caffè, estrae un seno dalla scollatura e mi
fa
Andiamo? No, grazie Le rispondo, mi alzo, vado al bancone chiedo quanto è, ma il barista mi fissa senza
rispondere, gli lascio allora sul banco un euro e lui guarda la moneta con interesse, ma non dice niente.
Esco e torno allauto, inclino i sedili, mi metto un plaid addosso e mi addormento.
Durante la notte qualcuno sbatte con violenza contro la carrozzeria della mia macchina emettendo un grido, un ubriaco? Ma
non riesce a svegliarmi del tutto.
Al mattino riparto e più mi addentro verso il nord, più tutto sembra diverso, il traffico ora è quasi inesistente, ho
incontrato solo un paio di carri trainati da cavalli, ed anche i pedoni sono rari.
Bar più non se ne vedono, distributori di carburante neppure a parlarne. Ma ho portato ben due taniche piene di benzina, così
mi fermo e realizzo il pieno con esse. Proseguo senza mai fermarmi per molte ore, poi faccio una sosta in unarea ove
le case sono tutte diroccate, sembra proprio che siano cadute per incuria.
Lascio sul selciato i miei bisogni, mi sgranchisco le gambe, mangio e bevo qualcosa. Cè una casa che è proprio rasa al
suolo e tra le macerie si scorgono i resti di una vecchia auto degli anni 50. Mi avvicino e tra i detriti distinguo delle
bianche ossa che mi sembrano umane, non ho voglia dindagare su questi aspetti e proseguo.
I marciapiedi qui hanno molte pietre divelte e sullasfalto crepato della strada col gesso vedo disegnati dei giochi di
ragazzi: qualcuno allora è stato qui recentemente.
Mi sento osservato e mi giro verso un muro sbrecciato. Chiunque fosse la dietro, saccorge che lho visto e fugge
veloce. Lo chiamo, ma quellindistinta figura è già sparita.
Torno allauto e proseguo il mio viaggio, guido fino a notte inoltrata, mi fermo seguendo un cartello che indica PARCHEGGIO:
nellarea della sosta ci sono solo gli scheletri di altre due auto, guardo le targhe, ma sono illeggibili, la ruggine le ha
cancellate.
Le luci sono tutte spente, cespugli sono nati tuttintorno allarea di parcheggio ed in alcuni punti sono riusciti a
conquistarsi anche fette dasfalto. Sembra non esserci anima viva e rottami e fili metallici sono ovunque.
La notte però odo grida, colpi darma da fuoco, rumori dogni tipo: in piena oscurità un animale si avvicina
allauto, lo vedo cercar di guardare allinterno, appannare il cristallo con una bocca canina, gli occhi brillanti,
i lunghi bianchi denti e la lingua gocciolante. Mi faccio piccolo piccolo sotto il plaid: lanimale annusa a lungo tutta
lauto, poi addenta più volte i pneumatici, e infine se ne va.
Al mattino ho una gomma forata, la cambio e riparto e lungo la strada vedo solo edifici che sembrano aver subito un
bombardamento, parte della carreggiata è talvolta occupata da masse indefinibili di metallo arrugginito. Macerie, macerie, solo
macerie per chilometri e chilometri, interrotte talvolta da alcuni campi incolti.
Quando si fa notte qualcosa cambia, ci sono degli edifici abitati ed incontro dei campi coltivati, ma la strada sè fatta
più stretta ed è sterrata, non più asfaltata.
Proseguo fin quasi al mattino ed ad un certo punto lauto si ferma, la benzina è finita.
Carico allora il cibo, lacqua e le poche cose indispensabili su uno zaino e prendo la bici.
Adesso davanti a me cè un lungo ponte in legno che attraversa un fossato, ma forse è un fiume, mi accorgo che è
molto ampio e le sue acque devono essere profonde.
Il ponte ha delle spallette, anchesse in legno, ci appoggio la bici e scendo verso le acque che scorrono.
- Fossi in te non lo farei!
Mi fermo, mi guardo intorno e scorgo un uomo sul ponte vestito in jeans e camicione a quadri.
- Scusi, diceva a me?
- Fossi in lei non andrei troppo vicino allacqua.
- Perché?
- Ci sono le scille!
- Che cosa?
- Le scille!
- Non so cosa siano.
- Guardi allora.
Luomo si china e da una cesta di vimini trae un pesce e lo lancia in acqua. Il pesce non fa in tempo a cadere nel fiume che
un lungo tentacolo salza di scatto e lo inghiotte.
Il tentacolo poi si mette eretto, dritto verso lalto e si aprono come dei petali colorati sulla sua sommità, a raggiera,
sì che leffetto finale è quello duna enorme margherita colorata.
- E una pianta carnivora?
- No, è un animale, una scilla dacqua dolce, ed il fiume ne è pieno: per questo non è saggio avvicinarsi troppo.
- Mangiano anche le persone?
- Sì, le trascinano in acqua e le strappano a morsi.
- Non lo sapevo, grazie per avermi avvertito.
Risalgo veloce verso il ponte, voglio calorosamente ringraziare il pescatore per avermi salvato la vita, ma di lui non vè
traccia, monto allora nuovamente sulla bici e mi fermo proprio nel mezzo del ponte.
Immobile guardo lacqua scorrere, per un po non succede proprio nulla, poi lentamente, una ad una le scille
emergono, innalzano il loro collo a forma di stelo ed i mortali petali saprono a corona.
Il fiume ora è pieno di grandissimi fiori colorati, solo in apparenza innocui: ma ogni tanto un fiore silenziosamente e
repentino su tuffa per carpire un pesce, più raramente qualche altro fa un guizzo per prendere al volo con quella bocca rotonda
che è circondata dai petali, qualche ignaro uccello.
Osservo a lungo, non ho mai visto animali del genere, poi ricomincio a pedalare e mi sposto nuovamente più a nord.
Pedalo lungo la dritta strada sterrata e giungo ad un centro abitato.
Alcuni ragazzi vestiti di stracci mi osservano arrivare e sento i loro occhi penetranti che seguono ogni mio avanzamento. Ci sono
bambini dappertutto e mi osservano con degli strani occhiali bianchi, non mi vengono incontro, sono quasi immobili.
Pedalo finchè non vedo quella che mi sembra unosteria, scendo dalla bici ed entro: macchine del caffè non ne vedo, ma
boccali da birra rovesciati sono accatastati lungo il bancone.
Dietro cè una ragazza rossa di capelli e dallaspetto florido, meno male che non è lurida e non porta quelli strani
occhiali bianchi.
- Una birra.
Lei mi serve un boccale abbastanza grande duna birra bionda spumeggiante, il sapore è un po aspro, ma gradevole.
Mi siedo su uno sgabello di legno nero e bevo con calma. Mi accendo una sigaretta e scorgo uno sguardo di disappunto negli
occhi dellostessa.
Più tardi pago e lei guarda con attenzione le monete che le ho lasciato sul banco, poi scuote la testa e le ripone in un
cassetto sotto il bancone.
Con lo zaino in spalla esco, ma la bici più non cè. Faccio segno ad un ragazzo con gli occhiali bianchi, ma quello
sparisce, e sono spariti tutti, nella strada non cè più
nessuno.
Mi sistemo ammodo lo zaino sulle spalle e riparto a piedi nella direzione nord, la strada non è più sterrata, ma neppure
asfaltata, sembra sia stata spennellata con più strati di silicone. Più vado avanti più le case sono strane, quasi
orientaleggianti, ma con gli angoli smussati, quasi a pianta circolare, non saprei come definirle, hanno un qualcosa
dinquietante e dalieno, sono riapparsi anche i marciapiedi, ma hanno un che di sbagliato.
Incontro anche alcuni passanti, ma i loro sguardi sotto quegli assurdi occhiali bianchi, sono ambigui ed i loro vestiti troppo
stretti e corti: sembra che si siano tutti abbigliati con i loro abiti da ragazzo.
Alcuni scivolano sulla strada con strani pattini e vanno molto veloci.
Sono tutti in pantaloncini corti o minigonne quasi inesistenti e tutti si muovono in fretta, alcuni addirittura mi urtano.
Le abitazioni sono adesso disegnate con volute geometriche ed alcune ricordano disegni psichedelici.
Vi sono molti negozi con vetrine illuminate. Mi fermo ad osservare le vetrine e scorgo esposti oggetti impossibili, le
insegne poi sembrano dipinte con volute colorate.
Eppure sono sicuro che quello è un alfabeto, ma chissà da dove lhanno preso. Proseguo ed ora le abitazioni sono proprio
tutte a pianta rotonda e gli abitanti che incontro hanno tutti, proprio tutti, quegli assurdi occhiali con le lenti bianche.
Cè un giardino pubblico con fiori e panchine: mi fermo.
Sto mangiando dei biscotti e sono seduto su una panchina che pensavo di pietra, invece è tiepida e soffice, quando un ragazzo
si siede accanto a me. È quasi nudo con quei suoi vestiti striminziti, osservo meglio quei buffi occhiali, ma solo allora
mi accorgo che sono i suoi occhi: ovali, bianchi, piatti, lisci.
Anche lui mi osserva, prima incuriosito, poi quando mi vede alzare di scatto, salza pure lui e mi rivolge alcune parole
in un linguaggio gutturale che non capisco. Allora lui emette un fischio e dopo pochi secondi appare una bellissima ragazza
vestita in nero, anzi molto poco vestita in nero. Il ragazzo se ne va ed io rimango con questo schianto quasi nuda e vedo che
quelli che credevo occhiali, sono occhi anche per lei.
Con gli stessi versi del ragazzo, che ora è sparito, lei vuol dirmi qualcosa, le faccio segno che non ho capito nulla e le
sorrido.
Anche lei mi sorride e mi fa cenno di seguirla, così dopo una lunga passeggiata mi ritrovo allinterno duna casa
rotonda e lei mi offre del cibo, poi mi dà da fumare ed infine mi serve un liquore dal sapore gradevolissimo e leggermente
alcolico.
Cè calore qui, e cè musica, è strano ma cè sempre musica. Fuori ora è notte, ma allinterno cè
luce e non comprendo da dove provenga. Una parete si colora ed appaiono immagini, è una specie di TV e quello devessere
lequivalente del nostro telegiornale, solo che parlano in una lingua incomprensibile ed hanno tutti quegli strani occhi
piatti, brutti no, ma inquietanti.
Dopo il tg cè musica ed un programma così strano come non ne ho mai visti.
Mi ritrovo a letto nudo con la padrona di casa e solo allora mi rendo perfettamente conto che a parte gli occhi e la lingua
proprio impossibile, questa è giovane e molto, molto bella, troppo per me.
Malgrado sia un po sullarrugginito nellargomento riesco lo stesso a fare una buona figura, ed
io sono il primo ad esserne meravigliato.
Al mattino la colazione è servita, le mie cose che avevo nello zaino sono già state disposte nella stanza e quella strana TV è
già in funzione.
Il caffè è buono, anche se non credo proprio che sia caffè, ed una tazza colma di cioccolato caldo mi aspetta: sono certo che
non si tratta di cioccolato, ma di qualcosa di altrettanto gradevole.
Sul tavolo cè un pacchetto di sigarette dallaspetto alquanto strano: è tutto azzurro con arabeschi in oro.
Dopo il caffè ed il cioccolato accendo una sigaretta tolta da quel pacchetto assurdo, lassaporo, il gusto è lievemente
speziato e devo dire che è veramente ottima.
Forse era questo il posto che ho cercato per tutta la vita: lei mi osserva con quegli strani occhi, mi prende la mano, la bacia e
mi sorride.
Fuori alcuni ragazzi dagli occhi piatti stanno provando la mia bicicletta: cazzo! ecco dovera finita! Però me
lhanno riportata.
Vedo che uno di loro già riesce a stare in equilibrio.
Gli sorrido.
È ormai già un bel po di tempo che mi trovo in questo luogo, lo so la strada prosegue ancora verso nord, ma mi è
passata la voglia di andare avanti.
Tornare indietro, non se ne parla neppure, non rientrava nei miei programmi.
Comincio ad imparare la loro lingua e qui mi trovo così bene come non sono mai stato.
La mattina quando mi rado la barba, mi osservo attentamente allo specchio e sono ringiovanito di diecine danni: chissà
perché?
La ragazza è sempre così affettuosa con me e non mi lascia mai, sono felice daverla incontrata. Mi riempie sempre di
piccoli regali, ho imparato anchio a scivolare sulla strada con le loro scarpe anti-g che lei ovviamente mi ha regalato.
Anche questo sapone da barba, il rasoio, il dopobarba e la crema da spalmare sugli occhi sono suoi regali.
La crema da occhi poi è fantastica, i miei occhi ovali bianchi assumono ora variazioni cromatiche madreperlacee.
Delle volte mi sembra proprio che questo posto sia veramente troppo per me e mi chiedo: Dove sarà
limbroglio?
Vittorio Baccelli