PRECIPITANDO
Sto precipitando, da sempre sto precipitando:
sono stata spinta giù da unalta terrazza ed ho visto
nella mia caduta milioni, forse miliardi di finestre, alcune
chiuse, altre aperte, altre ancora con uomini e donne che mi
guardavano stupiti oltre i vetri.
Ero ad una festa, una di quelle di gran lusso con
tanta bella gente e poi sono caduta, no, mi hanno buttata
giù e tutto sè svolto in un attimo e non sono
riuscita neppure a vedere i miei assassini, poiché
incredula e nello stesso tempo terrorizzata ho visto subito il
vuoto sotto di me che mi attirava irresistibilmente.
Ma la morte non è avvenuta, non mi sono
spiaccicata sullasfalto sottostante, come avrebbe dovuto
esser prevedibile, no, ho continuato a cadere, finestra dopo
finestra, grattacielo dopo grattacielo.
Il terrore prima sè trasformato in
semplice paura, poi in curiosità. Anche la
curiosità è svanita da tempo, adesso desidererei
solo arrivare in fondo a questa caduta senza fine, senza scopo,
ma forse non mi è concesso. Le notti salternano ai
giorni, ed i giorni alle stagioni, ma il sibilo del vento nella
mia caduta è costante da tempo
da quanto tempo? Ho la
sensazione di cadere da sempre, che il precipitare sia
lunica mia ragione desistere. Le finestre sono solo
dei rettangoli che saprono in un vuoto in discesa ma
infinito, rettangoli talvolta illuminati, dietro i quali si
celano timorosi esseri umani dogni tipo, vecchi e bambini,
ricchi e poveri, uomini e donne, bianchi e di colore. Spalancano
tutti la bocca nello stesso modo quando mi vedono passare, e
sgranano gli occhi, ma poi, immagino, scuotono ancora una volta
la testa, si stropicciano gli occhi e proseguono nelle loro
occupazioni da stanza come se niente fosse e si dimenticano in
fretta del mio passaggio rimovendolo del tutto.
Vedo feste, veglie di morte, giovani amanti,
televisori accesi, gente che mangia, che legge, che litiga, che
lavora, occupata nei bagni
.. Sono sferzata dal vento,
dallacqua, dalla neve, il sole mi riscalda di giorno, la
luna millumina la notte. Bevo la pioggia e mangio la neve,
non ho cibo e sembro non risentirne, talvolta dormo e sogno, ma
nessun sogno è mai interamente un sogno.
E la mia folle discesa prosegue
nellindifferenza generale, ed anchio sono ormai
indifferente alla mia sorte. Allinizio quando la
curiosità della situazione aveva il sopravvento riuscivo a
guardare con attenzione dietro le finestre, rubando scorci
dintimità, mandavo baci ai bei ragazzi, sorridevo ai
bambini, agitavo le braccia se mi sembrava daver
riconosciuto qualcuno. Poi cominciavo anche a sbattere gli arti
come per volare o nuotare, e riuscivo a compiere qualche piccolo
spostamento nella direzione voluta. Ma mi sono stancata presto di
questi giochi e sempre più mi sono chiusa in me stessa
cercando dignorare il più possibile questo folle
mondo che sale vertiginosamente sempre più in alto. Adesso
ne sono sicura: è il mondo che viene scagliato in alto nei
cieli, mentre io sono ferma, immobile a mezzaria. Per due
volte ho incrociato persone che erano nel vuoto come me, la prima
fu una bambina che avrà avuto sei o sette anni,
completamente nuda, nera di pelle, mi ha sorpassato in fretta
venendo dal basso ed ho lasciato che volasse sempre più in
alto sopra di me.
La seconda era un bel giovane in abito scuro con
una cravatta azzurra, mè sembrato in abito da
cerimonia ma stringeva in una mano una borsa di pelle nera, mi ha
superato scendendo in tutta fretta, gli ho fatto cenno e lui mi
ha risposto agitando il braccio libero, gli ho urlato qualcosa,
ma la voce sè persa nel vento, allora ho cercato di
raggiungerlo, ma tutto è stato inutile.
Sto ancora precipitando ed ho ancora indosso tutti
i vestiti di quella lontana festa e sono incredibilmente ancora
in ordine: un piccolo abito di seta verde che lascia vedere in
trasparenza tutto il mio corpo nudo, un bracciale doro ed
una collana di perle, solo le scarpe se ne sono andate
chissà dove.
Le finestre non sono più rettangolari
adesso, ma rotonde, tutte rotonde, come grandi oblò di
nave, ed il colore della luce dietro queste finestre rotonde da
lavatrice è decisamente giallo. E dietro vedo muoversi
strane forme con grandi occhi piatti, rotondi, tutti dun
bianco abbagliante. E precipito, sto continuando nella mia corsa,
oppure è il mondo che sale, questo mondo che sta divenendo
sempre più strano e sale sempre più mentre io sono
lì ferma a mezzaria, immobile.
Cè qualcosa che sta velocemente
scendendo verso di me, è un animale marino, sembra una
medusa, è bianco, trasparente e muove convulsamente dei
tentacoli, sul manto distinguo chiaramente due occhi, vuoti,
bianchi, rotondi, piatti, sono identici a quelli che mi guardano
con indifferenza da dietro gli oblò.
Mi sorpassa veloce scendendo in picchiata ed a
mo di saluto agita ancor più i tentacoli bianchi e
traslucidi nella mia direzione. Riesco a girarmi con la testa
rivolta verso il basso, ormai sono brava a compiere queste
manovre, e lo saluto, come si saluta un amico sulla nave in
partenza.
E precipito, seguito a precipitare, o è il
mondo che sale ed io sono ferma a mezzaria.
© Vittorio Baccelli