Emma Dante, che cucina pane per gli occhi

Il primo incontro con Emma Dante è stato con mPalermu. Ricordo ancora l’emozione fortissima di quella indimenticabile serata al teatro Valle di Roma. Non solo mia, ma di tutto il pubblico in piedi ad applaudire il debutto di uno spettacolo che da lì in avanti avrebbe segnato la scena italiana, e non solo, portando alla ribalta una regista dal talento dirompente. Avrei desiderato, quella sera, poter fotografare il susseguirsi di quelle sequenze folgoranti che si componevano a ritmo vorticoso pur nella “dinamica staticità” e nell’apparente semplicità compositiva della struttura scenica. Erano quadri viventi di corpi caravaggeschi venuti dal buio, personaggi grotteschi, umanissimi, di potente visionarietà, che al buio ritornavano dopo essere venuti alla luce. I cinque magnifici attori della Compagnia Sud Costa Occidentale evocavano sentimenti, stati d’animo, immagini che appartenevano alla mia terra, la Sicilia, ma esplodevano fuori da quel confine geografico, e dell’anima. Diventavano universali. Quella nuova scrittura scenica creata da Emma e dai suoi attori, e tutta quella che ne è seguita, apriva visioni, celebrava mondi famigliari ancestrali e attualissimi, squarci di squassanti lacerazioni interiori rese anche in immagini e movimenti che andavano necessariamente fissati nella retina dell’occhio.

Da allora ho seguito con crescente interesse tutti gli spettacoli successivi di Emma e della sua Compagnia, sempre da spettatore. E ogni volta si rinnovava l’incantamento violento anche degli occhi. Fino a che l’occasione di una lunga e appassionata intervista che le feci per il mensile Primafila, per me rivelatrice del suo teatro e soprattutto della persona, mi permise di conoscerla più da vicino e di entrare, un pò di più, nella sua turbolenta e appassionante dimensione artistica. Era alle prese con un intenso laboratorio per lo spettacolo Cani di bancata e le chiesi se potevo assistervi e fotografare le varie fasi di lavoro. Da lì in avanti ho cominciato a entrare nelle viscere del suo “fare” teatro, ad amarlo ancora di più fotografando, a ritroso, Carnezzeria, Vita mia, Mishelle di sant’Oliva, e quelli che seguirono. Concepisco la fotografia di scena non come mera documentazione dell’evento teatrale, bensì come ulteriore atto creativo che accompagna lo spettatore dentro la creazione.
Giuseppe Distefano

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Testo scritto dal giornalista Giuseppe Distefano per il suo libro fotografico IL TEATRO DI EMMA DANTE, con testi di Emma Dante e di Rodolfo di Giammarco
– fonte Infinito edizioni

Il testo integrale dell’articolo di Ginevra Pugliese a “IL TEATRO DI EMMA DANTE” è disponibile sul portale.

 

“IL TEATRO DI EMMA DANTE”, Infinito edizioni, 2011, 156 pagine – 17 euro