Queste prose di Gianna Paola Cuneo sono una sorta di “diario intimo”, alla maniera di Baudelaire, e rispondono, dunque, a una delle forme più alte d’autobiografia. Sono impressioni, ricordi, riflessioni sull’esistere, che la penna e i pennelli sanno rendere attuali e luminosi, come se fossero sempre lì, accanto alla Cuneo, ogni giorno, ogni momento. Lo sforzo artistico della scrittrice-pittrice è proprio in questo trattenere i ricordi, evitare che si perdano, che siano messi in qualche scatola e chiusi in un armadio o addirittura abbandonati in soffitta. Quello di togliere continuamente il coperchio alle “sue” scatole è un impegno che Gianna Paola si è data fin da bambina, quando teneva un diario della guerra. La ragione è facilmente spiegabile: figlia di un importante diplomatico, Gianna Paola Cuneo ha dovuto affrontare continui sradicamenti dai suoi luoghi con il rischio di non trovare un’identità certa. Una mano precocemente felice nella scrittura e nella pittura, come dimostrano le pagine di più antica data di questo volume, l’ha puntualmente assistita nel corso degli anni, spesso molto difficili.
GIANNA PAOLA CUNEO nasce a Roma, e dopo pochi mesi già si trova a Bruxelles dove si trasferisce il padre diplomatico. Nella casa di Avenue de la Folle Chanson la sua prima lingua sarà il francese. Negli anni ‘30 vive in Jugolslavia e di nuovo in Belgio dove da bambina scopre l’arte dei primitivi fiamminghi e del Rubens. Gli anni di guerra e di occupazione tedesca le fanno vivere, presto, drammatiche esperienze, che annota nel suo diario d’infanzia.[…]
Commenti 0