NIENT'ALTRO
"Nient'altro,
assolutamente nient'altro".
Il tono era comunque
meno perentorio delle parole. Franca se ne avvide immediatamente e,
un cupo lampo celato negli occhi bassi, tornò ad asserire con
fare secco ma volutamente distaccato:
"Eppure
dev'esserci dell'altro". Non era polemica, era mostra di sicura
consapevolezza.
Aldo lasciò
vagare lo sguardo sulle petunie nei vasi allineati come soldati in
parata, sulle fronde degli ippocastani ove il sole giocava a dar
mobili trasparenze alle grandi foglie come mani diafane, sui
ghirigori infantili che le rondini tracciavano nell'azzurro del
cielo. Era stato un diniego categorico, il suo, troppo categorico per
consentire un aggiustamento di tiro, l'apertura di uno spiraglio, ma
- era chiaro - non sufficiente per convincere appieno la donna. Provò
a mettere tutto il peso che poteva in uno striminzito:
"Nient'altro, ti
ripeto". Per un attimo si chiese se aggiungere un confidenziale
"credimi", ma non se la sentì di scendere su questo
terreno. E poi forse avrebbe ottenuto l'effetto opposto.
Franca infatti questa
volta aveva alzato lo sguardo, piantandolo deciso in faccia all'uomo.
Senza una parola.
Aldo cercò di
sostenere la sfida di quegli occhi. Non poteva cedere, ma non voleva
nemmeno drammatizzare la situazione con una reazione più
aperta. Voleva a tutti i costi che quella restasse una chiacchierata
amichevole, che non diventasse un confronto le cui conseguenze
potevano portare chissà dove.
Ma lo sguardo della
donna, implacabile, non lo lasciava. Sembrava volerlo trafiggere,
come se infine avesse potuto vedere cosa c'era dietro la fredda
maschera che gli stava di fronte.
Non poteva continuare a
sostenere quello stupido duello. Una mosca che gli gironzolava
attorno gli diede una scusa per alleggerire la tensione. La scacciò
con un gesto misurato della mano - niente mosse brusche, che potevano
tradire la sua tensione. La seguì per un attimo con gli occhi,
l'allontanò ancora con un ampio movimento del braccio,
studiatamente benevolo.
Gli occhi della donna
però non si lasciavano distrarre, solo si velarono appena d'un
luccicare d'ironia, come di chi vede l'avversario cercare scampo
perché si sente incapace di sostenere la prova, perché
già comincia a temere la sconfitta.
Aldo avvertiva ora
pesantemente il proprio disagio, di fronte all'inflessibile
determinazione che lo sfidava, confortata adesso da una crescente
sicurezza. Decise di cambiar tattica, di tornare a servirsi delle
parole per costringere la donna a scendere su un terreno più
concreto, se proprio voleva andare più a fondo della faccenda.
Le parole stavano dalla sua parte, dalla sua parte era più
facile servirsene.
"Non c'è
nient'altro, certo. Non potrebbe esserci qualcosa d'altro". Il
tono era diventato duro, le frasi scandite pesantemente. Adesso era
lui che lanciava la sfida.
Nessuna reazione
immediata, solo lo sguardo della donna si fece più cupo, come
di chi riceve un colpo. Forse la partita era vinta. Con accenti
questa volta distesi, di chi ha solo da chiudere una conversazione
esaurita, Aldo continuò:
"Non c'è
ragione di immaginare che ci sia altro".
Franca adesso aprì
la bocca per rispondere, il busto proteso di scatto verso l'uomo che
invece si era rilassato sullo schienale. Ma prima ancora che il suo
gesto si concretasse, che un suono emergesse dalla sua gola, comprese
che ribattere con gli argomenti che le affollavano la mente sarebbe
stato trasformare irrimediabilmente non solo il carattere di quella
conversazione ma l'intera situazione. Avrebbe significato giungere ad
una chiarificazione che non consentisse più di tornare
indietro. Non ci sarebbe stato più alcun possibile sviluppo
futuro. Alcun ipotetico sviluppo futuro. Per quel che esso avrebbe
potuto valere.
Il movimento delle sue
labbra si tramutò subitamente in un sorriso, beffardo e triste
al tempo stesso, mentre il capo prendeva a scuotersi sempre più
vigorosamente, in un moto di diniego sconfortato ma che si andava
facendo quasi violento, quasi uno schiaffo che non vien dato solo
perché se ne vede l'inutilità.
"Franca!" -
la voce dell'uomo esprimeva sorpresa e dolore. Ma al fondo di essa
non vi era né sorpresa né dolore. Vi era il sollievo
per la fine non eccessivamente melodrammatica di un equivoco voluto -
da entrambe le parti, in fondo. Di un gioco perverso perché
nato dall'inganno reciproco e destinato a concludersi con un
reciproco disinganno.
E poi,
l'importante era
che il gioco finisse, ora che non aveva più alcun senso.
© Francesco Sciortino