LA TATA

Il volto del marito è duro e freddo come il marmo: il giudice esamina gli atti che l’avvocato gli pone dinanzi; la causa di separazione è praticamente definita. L’affidamento della bimba, di soli sei mesi viene dato al padre, per indegnità della madre! Anna sente qualcosa entro di se che esplode, che si squarcia: NON E’ VERO!, vorrebbe gridare, ma non può: i fatti sono contro di lei. Il dott. Luciani, suo ginecologo era impazzito quel pomeriggio, quando lei, dopo quattro mesi dal parto della sua adorata creatura, era andata a fare la visita di controllo che il sanitario stesso le aveva suggerito. Il marito le aveva detto che l’avrebbe raggiunta nello studio del dottore, più tardi, perché prima aveva un affare da portare a termine: ed era arrivato proprio quando il medico, dimenticando di chiudere a chiave la porta, stava tentando di approfittare della situazione, stava tentando di stuprarla. Ma per il marito, che era entrato nello studio proprio in quel frangente, quella lotta della sua donna, tradita nella delicata fiducia verso quel mascalzone che tentava di violentarla, quella colluttazione affannosa, silenziosa e disperata, assunse però un diverso significato: a nulla valsero poi le suppliche e i pianti della giovane moglie: SEI UNA PUTTANA, VATTENE VIA DA CASA!

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Era il giorno del mio compleanno, sei anni!, e con la bicicletta nuova fiammante che mi aveva donato il mio papà proprio quella mattina, correvo felice per le strade della mia città. La gioia di possedere alfine la bici, come la mia amichetta Susanna, mi faceva sentire tutta eccitata, importante ed euforica: si!, avevo anche io la bici!, anche se… ancora con quelle rumorose rotelline laterali, di sostegno: non avevo ancora l’equilibrio per andare senza di loro, ma non importava, l’importante era averla, pedalare allegramente, mostrarla a tutti, ma soprattutto alle mie amichette! Che meraviglia sentire il vento tra i capelli! E che soddisfazione vedere le altre bambine che mi guardavano invidiose, un trionfo!!: dopo tanto averla desiderata e invidiata a Susanna, gioivo nel sentire il sole e il vento sul viso, cantavo… si, ma non pensavo ai pericoli, alla possibilità che quella gioia potesse invece essere tanto brutalmente interrotta: a sei anni non si pensa a ciò (e… assai spesso, neppure dopo).
Una buca, una spaccatura sull’asfalto, interrompe infatti violentemente la mia meravigliosa corsa, trasformando la gioia in dolore, paura… Terrorizzata piangendo, anzi strillando, ahi, ahi che male, vedo che orrore il sangue sulle mie manine che un prima stringevano felici le manopole del piccolo velocipede, il sangue che scende anche dal nasino…, mi dispero ma poi, subito, oh, qualcuno mi soccorre, mani gentili mi accarezzano, un sorriso dolce mi conforta, mi sento sollevata da braccia morbide, premurose che mi stringono dolcemente: una donna giovane, bella, che mi dice delle parole piene di tenerezza, un volto sorridente che mi sembra di amare, un profumo che mi pare di conoscere da sempre!
Nella farmacia, dove mi porta, lei mi pulisce e mi disinfetta, con estrema delicatezza le lievi escoriazioni, e io mi sono tranquillizzata, tranquillizzata da quel sorriso che mi da sicurezza, tranquillità.
“Chi sei?” le dico, tirando su con il nasino, toccando quel bel viso.
“Puoi chiamarmi la Tata, se vuoi”, mi risponde lei con dolcezza
“Grazie Tata, mi accompagni a casa?” le dico senza rendermi conto del leggero turbamento che si dipinge sul suo bel volto.
“Certo tesoro…”, sussurra lei.
Da quel giorno, io e la Tata, e non so come mai!, finiamo sempre per incontrarci e questo per me è una vera gioia: all’uscita della scuola, della palestra, ovunque io vada, anche se ad attendermi c’è sempre anche Vincenza: Vincenza è la nostra governante, lo è sempre stata, pare: lo era anche quando il mio papà era ancora in casa dei suoi genitori, uno scolaretto.
Io, il giorno dopo la caduta con la bici, all’uscita della scuola, presentai la Tata a Vincenza, che non ho potuto capire perché rimase tanto meravigliata, nel vederla ma che poi, strano, si fece da parte quasi rispettosa, dico verso la Tata, e da allora si fa sempre da parte, ci segue, sempre, silenziosa. Però, quando esco per raggiungerle , e le trovo così, insieme, ad aspettarmi, vedo che parlano, non so cosa si dicono ma quando arrivo io cessano di parlare e tornano ognuna per suo conto, ma a me non importa: perché io si, voglio bene a Vincenza, ma ne voglio tanto di più alla Tata.
Alla Tata racconto tutto della mia vita, tutti i miei pensieri, i miei desideri, le mie paure: lei mi è sempre vicina, lei mi ascolta interessata, lei capisce, lei mi suggerisce sempre bene per qualsiasi cosa: la Tata è la mia migliore amica e io le voglio tanto bene, e quando glie lo dico a lei vengono le lacrime, chissà perché!
Qualche volta ho visto che Vincenza parla con papà: le prime volte insistendo, vivacemente, su qualcosa che non so,  ma quando mi avvicino per ascoltare, loro cambiano discorso: all’inizio sembrava che discutessero di qualcosa, sembrava che altercassero…, una volta ho sentito il papà che diceva, a voce alta: “… ma perché allora non chiedeva aiuto?” e ho sentito che lei gli rispondeva “… ma a chi lo doveva chiedere, se non c’era nessuno?!”;  a me, però, che all’improvviso chiesi di chi stavano parlando, prima si guardarono sorpresi, poi mi dissero che parlavano di un fatto avvenuto… al mercato!
Però negli ultimi tempi papà la ascolta, Vincenza con meno impazienza, e quando lei gli dice le cose (chissà quali?), vedo che lui, spesso annuisce, molto serio.
Oramai sono una ragazza, ho sedici anni, sono una liceale con bellissimi voti e sono diventata una brava sciatrice: si perché papà ci tiene tanto a questo, a lui piace andare sulla neve, lui scia molto bene, dice che da ragazzo era un campione, ma io credo che esagera un po’. Comunque ha detto che devo allenarmi, e senza fare tante storie! Mi ha detto così all’inizio, quando io tentai di evitare di farlo: ma papà è un tipo autoritario e non accetta di essere contrariato. Dopo il primo anno in cui ho dovuto faticare non poco per imparare, adesso sono cresciuta anche sportivamente: oramai sono una provetta sciatrice, beh, insomma vedo benino, da quattro anni faccio parte di un team sportivo, ed il mio maestro di sci dice che ripone molte speranze su di me. Quando però dico questo alla mia Tata, sul suo bel viso le si forma una ruga verticale, tra le sopracciglia, e diventa seria, ma io la tranquillizzo e la rassicuro dicendole che starò sempre attenta.
Domani ho la mia prima gara importante: da una settimana mi trovo ad Ovindoli con il mio team, il mio maestro, i miei compagni: ci saranno le gare “interregionali”, io partecipo per lo slalom speciale, ma so che le mie avversarie sono molto forti, specialmente le abruzzesi. Domani ci sarà anche papà, ad assistere: speriamo che non mi metta ansia, come mi succede quando c’è lui, glie l’ho detto, ma lui, pare, non può farne a meno.
Il tracciato è veramente ripido e difficile: l’hanno studiato i dirigenti ma soprattutto sono stati quelli abruzzesi ad insistere sulla scelta del percorso, e i miei dirigenti, forse per non apparire inferiori, alla fine lo hanno accettato. Io l’ho provato più volte e confesso di avere una fifa maledetta, specialmente in un passaggio dove una porta si trova in corrispondenza di un dosso veramente difficile da superare. Carlo, il mio compagno di squadra, che parteciperà per le gare maschili, dice che i nostri dirigenti se la sono fatta sotto davanti agli abruzzesi, che tuttavia dicono che solo noi potremo superarli…; ma lui assicura che noi la sconteremo.
E’ il grande giorno: c’è un sole pallido ma molto vento che forma mulinelli con minuscoli fiocchi di neve. E’ veramente bello vedere i multiformi colori degli abbigliamenti dei tifosi assiepati lungo il percorso della gara e nella piazzola di arrivo, dopo lo striscione arancione, Gli altoparlanti, distribuiti lungo il percorso di gara, diffondono musiche e notizie. La cabina di partenza, si trova a circa trecento metri più in alto della postazione di arrivo ed è collegata via radio con questa, ed il percorso della pista si svolge per circa seicentocinquanta metri perciò con un dislivello medio del 46 % che in alcuni punti, proprio su quel dosso maledetto, raggiunge il 90%!
Cessa la musica ed inizia la gara: io sarò la quarta a scendere. Sale il tifo ed il clamore delle persone assiepate ai lati della pista. La prima a scendere è un’abruzzese, robusta e abbronzata: pare sicura di se; si slancia veloce e sinuosa, è molto brava e arriva perfetta al traguardo in un tempo che tutti dicono notevole. Seconda è una napoletana: anch’essa pare sicura e va giù veloce e senza errori, ma  non riesce a superare il tempo della prima concorrente.
La terza a scendere è una freccia ma sulla porta del dosso va giù, cade ed è fuori gara.
E ora tocca a me: mi faccio il segno della croce e all’apertura dei cancelletti mi slancio: conosco ormai bene il tracciato: lascio correre gli sci nei punti più facili, ecco, sono sul dosso. La caduta della ragazza che mi ha preceduta ha rovinato la pista proprio in quel punto, i coltelli dei miei sci non fanno presa, e volo, cado anch’io, e male, e finisco sulla rete di protezione, la gamba destra mi duole moltissimo, grido per il dolore, subito sono soccorsa, soccorsa dal papà che è costernato, ma subito prima di lui dalle mani sicure e amorevoli del mio angelo custode, la Tata! E’ li, era li, nel punto che io sapevo, il più difficile e pericoloso, pronta a soccorrermi, come dieci anni prima con la bici. E’ decisa e capace, mi toglie lo scarpone, mi solleva silenziosa e sicura: è autorevole e tutti fanno quello che lei ordina persino il mio papà che si tira da parte e la lascia fare. Lei mi depone sulla slitta che mi trasporterà al punto di primo soccorso e poi la segue con gli sci: Lei sa sciare! Ed è lei che mi presta le prime cure liberando la caviglia, applicando una fascia stretta, senza mai smettere di carezzarmi e baciarmi. Vedo al suo fianco papà, un papà stranamente silenzioso, con le lacrime agli occhi che, che assiste e fa tutto quello che lei gli chiede. La fanciulla li guarda, come anch’essi si guardano. La Tata, il volto della Tata, il profumo della Tata, e  la fanciulla sente, improvvisamente, un tuffo al cuore, e alla donna che la accarezza dolcemente, le chiede: MA TU CHI SEI? E la donna con una lacrima che le spunta improvvisa le risponde: LA TUA MAMMA, TESORO.