LA FENICE
"E allora
si riconobbe la presenza della Morte Rossa.
Era venuta come un
ladro nella notte.E ad uno ad uno caddero i gavazzatori nelle sale
della loro orgia irrorate di sangue, e ciascuno morì
nell’atteggiamento disperato in ci era caduto.E la vita
dell’orologio d’ebano cessò con quella dell’ultimo
dei gaudenti.E le fiamme dei tripodi si estinsero; e la Tenebra e la
Rovina e la Morte Rossa stabilirono il loro illimitato dominio su
ogni cosa."
La maschera della Morte Rossa, E. A. POE
Incedeva a passi scarni tra
i vapori notturni come ombra fra le ombre. E ad ogni passo scostava
lentamente quasi avesse timore di trasmettere loro il suo dolore e
quella vertigine altalenante ch’era come una marea e lambiva lo
scoglio ora piano, ora più forte. Alzò gli occhi alla
luna e lo sguardo spento scivolò e cadde sulla morbida
superficie d’indaco del mare, sulle increspature avare,
potenti; eterne.
- S…sono viva - bisbigliò in un
sibilo che le era estraneo respingendo le lacrime; e sul volto di
donna,un tempo bellissimo, si dipinse tra la mappa delle piaghe
infette una tragica maschera di sorriso. Alania udì delle voci
vicine, molto vicine. Tentò d’accellerare l’andatura
e come naufrago traballò in direzione di quelle.
- S…sono
viva - ripeté scostando gli alti fusti di canne col palmo
della mano. Apparve una radura ed una casupola in mezzo a quella, una
vasta coltivazione di mais a corona della casa. Alania scorse una
coppia di vecchi, un uomo e una donna, seduti in veranda forse
intenti a giocare una partita a carte; almeno così le pareva
da quella distanza e dal gonfiore alle palpebre che le ottenebrava la
vista. Lo spettro uscì dai cespugli, tentennò verso la
casa ed il pastore tedesco dapprima accucciato ai piedi del padrone
rizzò le zampe all’erta, odorò il vento e
ringhiò, le corse vicino abbaiando.
- Oh, Gesù! -
mormorò il panciuto Howard Lewis masticando tabacco e il
boccale di birra rossa rimase sospeso a mezz’aria, gli
occhietti rugosi saettarono dalla figura estranea uscita traballante
dal canneto come un fantasma alla Regina di Picche al centro della
tavola. La donnina seduta di fronte a lui era bionda pallida. Di lì
ad un mese Carol Vender in Lewis, ex maestra elementare con carriera
trentennale alle spalle sarebbe morta per un ennesimo attacco al suo
"cuore pazzo", come lo chiamava lei. Ma in quell’istante
si limitò a portare la mano alla bocca reprimendo un urlo di
autentico orrore. Il marito sputò il tabacco di lato,
inghiottì le scale legnose con un’agilità
insospettata per la sua mole e camminò lesto incontro alla
straniera. Alania accennò un sorriso, gli si rovesciò
addosso in un ultimo, estremo, atto di forza.
- aiutatemi - disse
in un soffio - …qual…cuno deve dire a mio marito
che…sono viva - Le pupille si dilatarono in un chiaroscuro di
verde.
E Alania svenne.
- Vorrei parlare con Philiph Stewarton,
per cortesia.
All’altro capo del filo un ticchettare nervoso
di biro sulla scrivania, voci confuse in sottofondo e ronzii di
computers in funzione.
Il timbro rigidamente femminile subì
un guizzo d’insofferenza. – Il signor Stewarton in questo
momento è in riunione. E non desidera essere disturbato.
Richiami…
- Dica al signor Stewarton che ho notizie su sua
moglie Alania. Gli dica che si tratta di notizie molto
importanti, che lei sta bene.
Il ticchettio cessò.
Alania?
Pensò Miss Mary Jane, anziana segretaria privata della
Stewarton Associated, i migliori colletti bianchi in quel di New York
con sedi in Encinitas, San Diego, California e Santa Monica, Los
Angeles.
E’ stata
data per morta, sono passati quasi tre mesi dall’incidente…
dissero ch’era caduta in acqua,che non sapeva nuotare e...
-
Se questo è uno scherzo mi pare proprio di pessimo gusto -
sbottò Miss Mary Jane - Mr Stewarton piange ancora oggi la
scomparsa di sua moglie e non credo sia conveniente.
- Non
m’interessa ciò che crede lei, signora. Ho notizie
strettamente personali per il suo capo e se non vuole farmici
parlare, poco male. Glielo dica lei. Gli dica: Alania è
viva.
Capirà.
Alania
è viva.
La donna trasecolò affondando nella
sua poltroncina girevole di velluto rosso. Dalla cornetta il
tuuut-tuuuutdella
linea libera. Aggiustò gli occhiali sul naso pronunciato,
carezzò distrattamente lo stelo della lampada Liberty di
fronte a lei, sulla scrivania dal ripiano di cristallo. Rammentò
il sontuoso funerale di Alania, il tripudio di fiori e dediche, l’afa
insopportabile di quel pomeriggio di fine dicembre.
Una
donna molto bella pensò Miss Mary Jane, e
buona. Amava suo marito più di ogni altra cosa al mondo; anche
un cieco l’avrebbe capito. Ma lui…
Scacciò
i pensieri come si scaccia un insetto molesto. Schiarì la
voce, premette un pulsante rosso alla sua destra.
- Mr
Stewarton?
Mi duole interromperla, signore. Ho ricevuta una
chiamata urgente per lei, strettamente personale. Riguarda sua moglie
Alania. Sta bene.
Ci fu silenzio.
Un minuto, forse due.
Philiph
Stewarton piombò nello studio con aria contrita e l’incarnato
di cera, la bocca distorta in un ghigno.
- Che diavolo di scherzo
è questo, Jane? - sbraitò, allentando il nodo alla
cravatta.
La donna gli porse il memo con l’appunto
sibillino: Alania è viva.
Capirà.
- Era una voce maschile sulla settantina,
profondo accento del sud - concluse Mary Jane.
E Philiph
Stewarton, suo malgrado, capì.
La villa settecentesca era
addormentata in picco alla scogliera dove pareva attendere un qualche
dito di Dio che la carezzasse. E i gabbiani dondolavano attorno alle
cime di mattoni rossi ed edere rampicanti, ai candidi cancelli
ferrosi verniciati di fresco, alle erbe ingiallite dal sole e mosse
da brezze salmastre. Quella era l’ora in cui Pitt, il
maggiordomo londinese, lucidava diligentemente l’intera
argenteria di casa Stewarton aiutato da un qualche nuovo e giovane
apprendista; Margot la cameriera di origini francesi dopo aver
sbrigato le faccende scendeva in paese per le personali compere
quotidiane accompagnata da Jacob, l’autista. Si diceva che i
due se la intendessero sotto l’ingenua fiducia del marito di
lei, Pitt. Ma si diceva soltanto.
Alania, avvolta
nell’impermeabile preso ai saldi una settimana prima dalla
dolce Mrs Lewis; scivolò in casa passando dalle cucine,
deserte e silenti. Suo marito Philiph dormiva, la Fenice lo sapeva
bene. Lo conosceva troppo bene, la Fenice. Assorbì le scale
rischiando di crollare su di una perfetta riproduzione marmorea della
Venere di Milo, nuovo pezzo dell’infinita collezione d’arte
di Mr Stewarton. Amava le cose belle, Philiph. Dinanzi all’immensa
specchiera dell’ottocento siciliano, Alania distolse lo sguardo
dall’immagine riflessa. Attraversò un corridoio felpato
da due metri di passatoia indiana, tre porte bianche e lucide a
destra, due a sinistra. Si arrestò di fronte all’ultima,
a manca. La camera da letto del marito. Aprì l'uscio
lentamente e quella, ruffiana, seguì dolce il movimento della
mano padrona, lenta, lenta. Odore di muschio e colonia. Buio. Il
ritmo regolare di un respiro, sotto le coltri di tiepido cotone.
S’accostò al letto, scostò le zanzariere.
-
Sono tornata, caro - sibilò e col pugnale colpì una,
due, tre volte affondando la lama nelle carni con odio puro, alla
cieca.
E restò così, senza sapere per quanto, l’arma
sanguinante stretta nel pugno ed il fiato mozzo, ansante, roco.
Poi
la luce si accese.
E seduto sulla sua poltrona preferita, accanto
alla finestra che dava sul mare, Philiph Stewarton sorrise.
Puntò
la canna della pistola verso la caricatura di donna e sputò
una smorfia di disgusto alla vista del volto deturpato dai
morsi
dei pescicani.
- Ti aspettavo, Alania.
Seguì gli occhi
di lei sul lenzuolo macchiato di porpora. – Oh, niente di
importante- disse -Una puttanella che mi sono caricato ieri, al
matrimonio di Elena Rodgers. La ricordi, cara? Era con noi in barca a
Cape Cod, la notte della tua scomparsa. Abbiamo brindato per una
settimana di fila, dopo.
-
P… perché? - farfugliò Alania.
- Sai
benissimo perché, cara. Cristo, tu e le tue…maledette
romanticherie da ragazzina. Non mi avresti mai consentito il
divorzio.
S’alzò dalla poltrona tenendo la pistola
puntata, raggiunse la finestra senza perdere d’occhio la donna
un istante, scrutò le onde alte e rabbiose e il loro frangersi
sugli scogli con la coda dell’occhio.
- Alania, Alania. Hai
cinquant’anni ed io neppure la metà. Hai davvero pensato
che potessi amarti? Veramente?Ho una carriera davanti, io. Una vita.
E ora ho anche tutto ciò che era tuo.
- Bastardo!- ruggì
Alania. Prima che l’uomo potesse reagire ci si tuffò
addosso, lo spinse indietro. Philiph Stewarton perse l’equilibrio
e la pistola cadde sul pavimento, stramazzò sulla finestra, i
vetri scricchiolarono sinistri. S’infransero in uno scoppio.
Mentre cadeva nel vuoto, Philiph Stewarton notò che il cielo
si era fatto plumbeo. Forse, avrebbe piovuto.
La Fenice fissò
il corpo curvarsi oltre i vetri, in un attimo mischiarsi ai frammenti
e sbattere come un manichino giù; prima su uno scoglio, poi su
un altro.
Non parlò.
Non mosse ciglio.
S’inquadrò
sulla finestra ergendosi sul davanzale.
Sfidò il cielo e
spalancò le ali.