AMICI UN TEMPO
Fifone: molti,
avrebbero pensato ad un ragazzo pieno di paura, ad uno che
davanti al primo pericolo se la facesse sotto; mentre invece il
pericolo pare lo andasse cercando. Le paure, le emozioni, erano
motivo di vita per Fifì suo vero nome. Fifone; (il nome
era dovuto alla sua smisurata mole) aveva sempre fame, mangiava
che sembrava non vedesse mai cibo da mesi. Gli occhietti,
piccoli, sembravano soffocare in quel faccione rosso e
lentigginoso. Compagno di banco e suo migliore amico, era
Vannino; Giovanni per l'anagrafe. Usanza d'alcuni paesini, quella
di storpiare ai piccoli i nomi che li avrebbero accompagnati per
tutta la vita. A Vannino, sembrava non importasse proprio quella
piccola variante al suo vero nome. -Sembrano Gianni e Pinotto,
maestra!- Gridava qualcuno dal fondo della classe, alludendo a
due comici dell'epoca; il paragone pareva azzeccato, ma, ai due,
anche di questo pare che non gliene importasse proprio.
<<Stupide battute, da stupidi compagni!>> Rincuorava
il compagno Fifone. Erano le migliori guide dei lupetti, il
gruppo scout dell'oratorio, Vannino, per il suo fisico minuto,
era il primo ad esplorare i posti inaccessibili a Fifone. "Vedi
niente?" Gridava Fifone indispettito per il non facile
accesso.
-Dovete prendere a moglie due sorelle!- Gridava spesso donna
Lena, mamma di Fifone, vedendoli sempre insieme; - Ma badate -
aggiungeva - che siano una magra e una cicciona!-
Venne il giorno che i due dovettero separarsi; frequentavano
l'ultimo anno delle elementari, e Vannino la quinta ebbe a
finirla altrove a causa di una promozione a dirigente della
Telecom conferitagli a papà, arrivata dopo una lunghissima
attesa. Si trasferirono da quel piccolo paese della provincia di
Palermo alla grande metropoli capitale d'Italia, Roma.
Gli anni, instancabili maratoneti del tempo, fuggivano correndo;
e di quella famiglia non si ebbero più notizie. A Fifone
il militare ha fatto l'effetto di una dieta, sembrava un altro,
s'era fatto di diverso aspetto. Caso volle che divenne bidello
delle elementari in quella Scuola dove, con Vannino, vissero gli
anni più belli; <<Vannino!>> Lo ricordava
sempre quel suo amico d'infanzia ora lontano.
<<Chissà cosa farà?>> Pensava.
"Papà, vieni anche tu? Voglio che mi accompagni! Dai, su!"
Mariolino, il più grande dei tre figli di Fifone, era
molto attaccato a papà, e dovendo partire con la squadra
sportiva della scuola media, scelta come rappresentante
regionale, a disputare le gare nazionali a Roma, desiderava tanto
che papà lo seguisse anche là. Finì che
accontentò Mariolino e partì anche lui.
Roma, a Fifone, che non era mai uscito dal paesino tranne che per
il militare e qualche sfuggevole salto a Palermo, sembrava un
immenso formicaio, un andirivieni di persone e di macchine in
quel groviglio di vie.
- Quanto è grande Piazza San Pietro! Quanto è bello
il Colosseo! Oh, che meraviglia il Pantheon, papà! E la
fontana di Trevi!- Mariolino e Fifone sembrava che vivessero un
sogno, un sogno che volevano non finisse mai. La squadra di
Mariolino si aggiudicò, vincendo la finale con un'altra di
Firenze, il titolo di campioni d'Italia. Furono ricevuti al
Quirinale e premiati dal Presidente del Consiglio dei Ministri in
persona, il quale, consegnò ad ogni singolo giocatore la
medaglia.
-Vannino!- Gridò Fifone, pieno di gioia, ad uno che stava
accanto al Presidente e che ancora distribuiva medaglie. -Non ti
ricordi di me?- Continuò ad alta voce in mezzo a quella
gente altolocata. -Io, sono, Fifone! Il tuo compagno di banco!- A
questo punto, quel tizio, gli si avvicinò, e, facendo
finta di non conoscerlo, gli disse: <<Guardi che io non
sono quel suo Vannino, ma il Senatore Renzi!>> Tutti lo
guardavano, Fifone abbassò gli occhi e volle che subito
finisse quello che per lui era diventato un bel sogno; gli
affiorò in mente il paesello e le cose semplici d'allora;
il Vannino Renzi di un tempo, ora, era divenuto adulto.
-Papà, papà!- Fece Mariolino abbracciandolo. -Ti
sarai sbagliato!- Fifone guardò ancora Vannino Renzi
intento a parlare indifferente con altri, anch'essi forse
deputati; s'abbassò ad abbracciare il figliolo e gli
sussurrò all'orecchio: <<Mariolino, quando sarai
adulto, ricordati sempre d'essere stato bambino.>>
© Rocco
Chinnici